Mercoledi 23 novembre è il gran giorno del ritorno degli Horrors a Roma. Questa volta la location è l’Alpheus (da poco ristrutturato) che li destina alla sala Mississipi. Alle 21 e 30 sto già sul posto dove vengo ben accolto dai ragazzi della Grinding Halt Concerti. Ero voglioso di assistere anche alla performance dei londinesi S.C.U.M. (ottima formazione di area post-punk/art rock) che ho avuto la fortuna di apprezzare dal vivo nel giugno 2009 all’Heaven di Londra dove facevano da spalla nientepopodimeno che ai leggendari Throbbing Gristle. Non si esibiranno e, un pizzico deluso, non chiederò neppure il motivo della loro assenza. Ad ogni modo ci si rifà con il bel dj set di Rhys Webb, (bassista degli Horrors, all’organo nel primo disco), che rilassato e sorridente come fosse nel salotto di casa sua si piazza a centro palco con sedia, tavolino e notebook, e diffonde a massimo volume nell’impianto del locale un’ora di musica pescata dal sottobosco rock perlopiù di periodo 60-80 (con buona prevalenza di sonorità beat). Intanto il pubblico comincia ad affluire, non si registrerà l’esaurito ma la sala si colmerà per tre quarti, e forse non è male considerato che in concomitanza a Roma si stanno esibendo i gloriosissimi Sonics. Non vediamo l’ora di immergerci nelle profondità di Skying (loro attesissimo terzo lavoro lanciato nella primavera di quest’anno) e di riassaporare le chicche dei due precedenti album.
Finalmente il quintetto britannico irrompe sullo stage e si schiera per l’attacco sonoro. Con urla e appluasi ancora in corso la band da fuoco alle polveri con la sognante e sensuale Changing the Rain. Musicisti e pubblico uniti da sensazioni simili, e in contatto tramite fulminei incroci di sguardi, si incamminano sulla rotta tracciata da capitan “spilungone” Faris Badwan che sin dalle prima note si avvinghia al microfono e canta ad occhi chiusi. Tra i fans inizia subito il gioco del pronostico dei brani in scaletta, i fans “advanced level” sono più interessati ad evidenziare le numerose band storiche che hanno ispirato i Nostri, gli “experts” invece stanno zitti, braccia conserte distribuendo “occhiataccie”. Ad ogni modo ascoltiamo e ci perdiamo nelle spirali del synth di I Can See Through You (e ci cantiamo di gusto anche i “là là là là” che la concludono), nelle calibrate forme del super singolo Still Life (con “strizzatona” d’occhio ai Simple Minds più sontuosi, tra le loro influenze più “denunciate”).
Ci tuffiamo nell’etereo di Endless Blue, probabilmente la “top track” del nuovo album, che parte evocativa e prosegue al galoppo con significativo commento luci da parte dell’addetto che immerge Faris in un blu che sembra dipinto. Arrivano i successoni di Primary Colours come Mirror’s Image che riconosciuta sin dal primo secondo di esecuzione viene accolta da qualche spettatore con un euforico “eccola!”. Ci becchiamo il tastierone spettrale e le sferragliate di chitarra (Joshua Third) della brillante Who Can Say e i ricami di basso di Scarlet Fields decadente quanto basta e tra le più decisive nell’identificazione dell’Horrors style. Non c’è ombra alcuna del clamoroso album d’esordio (Strange House – 2007) che viene lasciato in soffitta poichè ritenuto non più rappresentativo (stesso discorso vale per l’accantonato look emo-gothic) con buona pace per gli amanti di sonorità di area Cramps, Gun Club, Gesù e le Catene di Maria e compagnia rumorosa.
Ne prendiamo atto mentre ci godiamo il passo cadenzato e dilatato della complessa Sea Within a Sea e i superbi otto minuti e mezzo di Moving Further Away che con quel suo arpeggio synth a là Kraftwerk è uno dei miei pezzi preferiti. Me la saltello con tanto di braccio alzato e indice puntato al cielo ignaro del fatto che sarà l’ultima canzone. In tutta onestà avrei da rilevare un pò di disappunto generale per l’ora (e forse meno) di concerto ed anche per l’imperfetta regolazione del volume voce nella prima mezz’ora che ha reso un pò difficoltoso l’ascolto del cantato di Faris. A questo punto aggiungerei anche un’osservazione sul pubblico (megamix estetico goth, psychobilly, beat, sixthies) che, come già sottolineato, piuttosto numeroso e sicuramente attento e competente, si è rivelato un pò freddo, ed è rimasto immobile per quasi tutta la durata del live. Fatto davvero strano se si considera l’ipnotico groove e la serrata sezione ritmica degli Horrors. Questi in sintesi i motivi di un live discreto che però credo non resterà negli annali. Fatto che non inficia il giudizio su una band a mio avviso di spessore e lo si denota dal fatto che risulta in grado di maneggiare con personalità, perizia e autoconsapevolezza numerose correnti, strutture e stili musicali. Le citazioni ci sono, le similitudini si ravvisano ma la loro identità rimane indiscutibilmente salda. Chissà se per loro si attuerà il passaggio dai club ai palazzetti. Ma questo, si sa, non è solo questione di musica.
nov 30
The Horrors @ Alpheus
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5 comments
Carlo Alberto Riolo
30 novembre 2011 a 16:34 (UTC 1)
P.S. sul mio sito personale http://www.carloalbertoriolo.com/events/live-music/ troverete il Rock(y) HorrorS PictureS Show!
closer
30 novembre 2011 a 17:36 (UTC 1)
moving further away tutta la vita!
calabant
30 novembre 2011 a 17:52 (UTC 1)
…un’altra grande perla di Carlo!
Peccato non essere stato tra i presenti!
DAJE’ CARLE’…facci sognare ancora con i tuoi impeccabili e coloriti resoconti.
Sasy
30 novembre 2011 a 18:40 (UTC 1)
recensione che condivido in pieno! concerto di altissimo livello, sottovalutato da location e astanti. Non c’è stata partecipazione. O almeno, non c’è stata da parte loro…!
Rox
30 novembre 2011 a 21:26 (UTC 1)
nientepopodimeno che gli Horrors!
grande anche sta volta Carlo!
credo però che come me altri si stiano chiedendo che fine abbia fatto la moto. sarà mica andata dai Sonics?!!