Capitano cose strane in questo 2012. Tipo scoprire che i buchi per le viti dei mobili Ikea non sono sempre perfetti. Oppure leggere sul web qualche giorno fa che il rock è morto, solo perché qualche giornalista si è svegliato una mattina ed ha scoperto che nelle prime posizioni delle classifiche dello scorso anno vi sono solo gruppi pop. Toh, guarda: che sorpresa! Lady Gaga, Adele ed al massimo i Coldplay. Il che è tutto dire. Ma mentre provavo a montare un comodino modello Malm, districandomi tra cacciaviti elettrici e qualche colpo di martello (ogni tanto bisogna pure badare al sodo), per calmare i nervi ho deciso di mettere su un disco, uscito proprio in questo mese per accertarmi se Gino Castaldo avesse ragione o meno nella sua polemica. E mi sono reso conto che si sbagliava di grosso. I Lovespoon sembrano uscire fuori con il loro disco d’esordio omonimo proprio per smentire il famoso giornalista di Repubblica e demolire alcuni dei più consueti luoghi comuni sulla musica ormai in voga di questi tempi. 10 tracce come se ne facevano ai bei tempi, ai quali Castaldo è rimasto ancorato (gli anni ’60, quelli di Woodstock e del suo libro scritto assieme ad Ernesto Assante) e dai quali non vuole più uscire. Solo che adesso abbiamo ampiamente superato gli anni 00, al posto di Woodstock c’è il famoso festival (uno dei tanti) sponsorizzato da qualche brand, MTV è stato sorpassato dal web ed i mobili te li monti da solo a casa. Non so se l’assemblaggio dei Lovespoon sia stato più faticoso del comodino Malm qui citato, di certo, sappiamo che alle chitarre di Giovanni Sgarbi e Matteo Lamargese si sono sovrapposti alla perfezione il basso di Nicola Medri e la batteria di Luca Donigaglia. Sì, avete capito bene, si tratta di quattro ragazzi di Ravenna che Castaldo avrebbe potuto benissimo incontrare girando l’angolo sotto casa, invece di aspettare l’illuminazione divina od il messia prossimo venturo. Se non te le vai a prendere le cose mica ti piovono dal cielo. Lo diceva sempre mamma, e sembra che i Lovespoon lo abbiano recepito bene. Tra sprazzi folk (l’armonica di Curly Love), suggestionanti schizzi rock à la Mando Diao (Morgan Le Fay su tutte), colpisce un ispiratissimo gusto per le melodie pop accattivanti: le vertiginose carezze stonesiane di Naked for You, le corali In My Arms (impossibile dimenticarla già dal primo ascolto) e Valentine (qui corale nel senso di Corals). La costruzione del disco sembra eccellente (vedi il passaggio tra la citata Valentine e la successiva Boogie of my heart). Più potenti dei Flying Sebadas (vedi le impetuose Before you go e Broken Frame) e con un cantato sbilenco che buca il soffitto del blues e mette meravigliosamente la testa al piano superiore sorprendendo i Clap Your Hands Say Yeah a tavola mentre cenano. Ascoltando questo disco insomma sembra che il rock non sia per niente morto. Anzi, pare stia pure meglio di Castaldo. Ma noi non siamo nessuno per dirlo. Non scriviamo libri su Woodstock, né facciamo articoli su Repubblica. Al massimo cerchiamo musica sul web, ed a volte finiamo per trovarla. Tutto qui. Però prima di finire di assemblare il comodino, noi il disco dei Lovespoon pensavamo di spedirlo volentieri a Castaldo, giusto con una cartolina di saluti, magari. Sarebbe bello vedere di nascosto l’effetto che fa.
Label: Autoprodotto.
Anno: 2012
Tracklist
1. Curly love
2. Naked for you
3. Morgan Le Fay
4. In my arms
5. Valentine
6. Boogie of my heart
7. Before you go
8. A song for you
9. I’ll find my home
10. Broken frame
11. Down to the hole
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Recensione su Music Zoom
8 maggio 2013 a 18:21 (UTC 1)
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