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mag 28

Primavera Sound 2011 LoG#3

Il giorno 3 sembrerebbe essere più tranquillo rispetto a quello precedente. L’euforia iniziale della gente lascia il posto alla volontà di godersi pacificamente gli shows, evitando le abbondanze della serata d’esordio. Per cui si arriva alle 20, ormai orario ufficiale per noi, escludendo in tal modo anche la finale di Tennis. Avranno anche suonato con le racchette ma noi purtroppo non lo sapremo mai. Di certo possiamo dirvi che i Wolf People sono godibili, con il loro blues rock velato di malinconia ed a sprazzi di qualche momento acido. Di certo i Black Keys hanno risparmiato sul numero dei membri e suonano decisamente meglio. Recupero gli altri componenti del gruppo ma solo per un attimo, poiché le strade si dividono immediatamente. Un altro derby incombe ed io, purtroppo, sono costretto a fare una scelta dolorosa. Perché adoro i The National, e Boxer è sempre stato un disco fedele e lo sarà per ora e per sempre, nei secoli dei secoli, amen. Ma quando mi ricapiterà più di vedere i Pere Ubu di David Thomas suonare The (annotated) Modern Dance? Non è un paese per vecchi volume 2. Thomas è messo veramente male, con le bratelle a reggergli i pantaloni ed una boccetta di whisky sempre pronta all’uso. Ma Non-Alignment Pact, The Modern Dance e Chinese Radiation sono gemme di una purezza indissolubile, che nemmeno il tempo riuscirà a cancellare, così come la simpatia di Thomas che decide di raccontare le sue storielle sui suoi pezzi compresa una scena formidabile che comprende un tir, la Pennsylvania, gli orsi bruni e ufo. A noi piace la gente del passato che guardava avanti, non quella del presente che guarda troppo indietro.
Pausa sul pratone di fronte al San Miguel per il pop rilsassante dei Belle & Sebastian e poi fuga precipitosa verso l’ATP dove il concerto dei Low è una mazzata in fronte. Mi ero ripromesso di non vedere roba troppo romantica da single in questo festival, ma il pezzo di apertura mi incanta come un flauto può fare con i serpenti a sonagli, ed io resto sbalordito dal meraviglioso slowcore di Alan Sparhawk & soci. Inizio a non tenere più a mente il numero dei concerti e produco il mio massimo sforzo per restare vigile e cosciente. Un perrito, una birra ed una sana dose di psichedelia mi rimettono in piedi: i Deerhunter sono un gruppo favoloso e noi dobbiamo le nostre scuse a Bradford Cox. Averlo visto l’anno scorso con il suo progetto solista Atlas Sound non gli ha reso giustizia, per cui noi ci rimangiamo tutto e lo incoroniamo re della serata. Dopo essere passati da Hazel Street e dalle furiose scorribande sonore di Halcyon Digest ci fiondiamo come dei velocisti al San Miguel dove ci attende Jarvis Cocker. Adesso crocifiggetemi pure ma io mi faccio due Pulp così. Questione di gusti, ma per essere gentili gli dedichiamo la foto qui in alto a sinistra e la menzione di Common People, dedicata agli indignados di Plaza de Catalunya, sloggiati non troppo gentilmente l’altra notte dai reparti antisommosa della città. Sorvoliamo invece su Cocker testimone di una richiesta di matrimonio durante lo show. Io però perdo colpi. Non riesco più a parlare e nemmeno a stare in piedi. La folla è enorme e di certo non riuscirei ad uscirne per andare a rilassarmi più lontano. Per cui mi tocca aspettare la fine dello show. Riusciamo ancora con un ultimo colpo di reni a sederci al Ray-Ban per gustraci i Battles e la loro musica logaritmica. Fate molta attenzione: il nuovo album segnerà un salto di qualità inimmaginabile per loro e per la musica in generale. Molto più vicini alla forma canzone e con molta più convizione di Mirrored. Poi, più il nulla.

Rivelazione della giornata: i Low ed il loro lentissimo e sconvolgente immaginario.
Conferma del giorno: i Battles sconvolgono tutti i piani come è giusto che sia.
Scena del giorno: a bordo piscina Gabriele cerca di spiegare alle nostre menti confuse cosa è un coccodrillo rosa.
Frase del giorno: “Spanish Revolution, sing along with the common people” (striscione del pubblico alzato durante i Pulp)
Personaggio del giorno: Bradford Cox. Sentite scuse.

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