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nov 20

A Fine Frenzy – Pines

a cura di Marco Valchera

La giovane Alison Sudol (A Fine Frenzy è uno pseudonimo tratto da uno dei sonetti di Shakespeare) torna sulle scene musicali a distanza di tre anni dal bel Bomb in a Birdcage (2009) con un progetto, musicale e non, dedicato alla difesa della natura. Pines, “Pini”, è corredato da alcuni video in animazione e programmi per la salvaguardia delle foreste e dell’ambiente: una tematica che è sempre stata cara all’autrice, già nei precedenti due album. Questa volta, però, l’artista abbandona lo stile dei predecessori, un piano pop tenue, romantico, con guizzi elettronici (soprattutto nel predecessore) e si abbandona ad una musica scarna, con arrangiamenti costituiti anche dal cinguettio di uccelli e dallo sciabordare di fiumi. Inoltre la lunghezza del lavoro certamente non aiuta: quasi 68 minuti in cui l’ascoltatore non può fare altro che immaginare di trovarsi nei boschi, per ovviare alla noia dilagante.
L’inizio è interessante: la title track, che si sorregge su una chitarra acustica e delicata, per poi evolversi in vocalizzi fluttuanti , rappresenta ciò che di meglio Pines ha da offrire; Winds of Wander, piano e archi, richiama Ingrid Michaelson, ma con almeno un paio di minuti di troppo; Avalanches, come il singolo Now Is The Start, posto nel finale, sono le uniche due tracce che si ricollegano alla musica fino ad ora prodotta dalla pianista di Seattle. Poi si susseguono canzoni monocordi, che è difficile ascoltare per intero, eccessivamente lunghe, ma prive di qualsiasi modifica nella struttura e tutte focalizzate su tematiche quali il mare, i fiumi, la navigazione e, addirittura, la danza delle balene (??). Emergono dal gruppo solo The Sighting, che, comunque è ostico portare fino alle note conclusive, e Sadseasong, che non avrebbe sfigurato, se non fosse preceduta e seguita da altre che ne ricalcano lo stile. Purtroppo il finale tenta di invertire la rotta ma con scarso successo: il brio di They Can’t If You Don’t Let Me, che si avvicina tanto a Go to the River dell’artista israeliana Yael Naim, è una boccata di aria, che, però, risulta essere fuori contesto; It’s Alive, invece, è un tentativo maldestro di far rivivere la leggiadria di canzoni del suo passato ma senza alcuna inventiva; Untitled (Grasses Grow) ha il solo merito, dopo più di sette minuti, di chiudere un album noioso, freddino e inconcludente.
Purtroppo Pines, nonostante tutti i buoni ed indiscutibili intenti, è un passo falso nella discografia di Alison: talmente lontano da ciò che l’ha preceduto, che non riesco ad immaginarlo neanche suonato durante i live dell’artista. Un vero peccato.

Label: Virgin Records
Anno: 2012

Tracklist

01 – Pinesong
02 – Winds Of Wander
03 – Avalanches (Culla’s Song)
04 – Riversong
05 – The Sighting
06 – Dream In The Dark
07 – Sailingsong
08 – Sadseasong
09 – They Can’t If You Don’t Let Them
10 – Dance Of The Gray Whales
11 – It’s Alive
12 – Now Is The Start
13 – Untitled (Grasses Grow)

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