Il dj tedesco, affermatosi con il film Berlin Calling, torna a distanza di un anno dal suo ultimo lavoro Icke Weider, che ha inaugurato anche la sua etichetta Paul Kalkbrenner Musik con un nuovo album chiamato Guten Tag. Un saluto benaugurante quello di questo nuovo lavoro, composto da 17 tracce, delle quali 11 sono da considerarsi tali, mentre le restanti (soprattutto vista la durata di ciascuna, che gira attorno al minuto) sono degli “insert” che si frappongono e rendono l’ascolto dell’album più lineare. È infatti un album davvero dancefloor oriented, e non poteva essere altrimenti; già con il precedente, Kalkbrenner aveva mantenuto un’indole rivolta al grande pubblico danzante, costruendo tracce indirizzate prettamente a quel tipo di pubblico che vuole sentire il basso nello stomaco, la cassa dritta ed impulsiva, il morbido motore che crea poi sensazioni nell’ascoltatore tramite il soave sovrapporsi di ritmiche efficaci e melodie sognanti. È minimale anche a questo giro l’approccio del simpatico tedesco, che non riempie mai i suoi brani di suoni eccessivi ed esasperati, ma si limita ad una ritmica dritta ed efficace con pochi fronzoli, arricchita da bassi potenti e melodie accennate, dilatate e ripetitive. Queste melodie sono la colonna portante di quegli “insert” di cui abbiam accennato che sembrano quasi esperimenti di tracce che non sono maturate, ma che l’artista ha voluto inserire ugualmente nell’album per donarne forse più fluidità d’ascolto, per dargli una dimensione più da album vero e proprio. È forse nella struttura delle tracce che Kalkbrenner fa la differenza, una struttura che un dj conosce molto bene perché affina nel suo lavoro di selezionatore e manipolatore di tracce altrui, trasmettendo energia alla sua audience danzante, regalando e privando, guidando il pubblico verso nuove frontiere tramite il ballo: anche in questo album, i brani si costruiscono su snervanti attese, sul gioco del dare-avere, ed è ciò che genera tensione nell’ascoltatore danzereccio, una tensione positiva che ti tiene lì e ti fa pensare “dai, quand’è che arriva la cassa che voglio muovermi!”, spesso esasperata soprattutto nel caso di Worner-Arwanter (che ricorda un po’ il vecchio capolavoro Gebrunn Gebrunn) dove ad esempio la cassa in quattro quarti non arriva mai (mi dispiace avervi rovinato la sorpresa). Troviamo questo incipit in tracce come Das Gezabel dove la cassa sale un po’ alla volta appoggiandosi morbidamente su una melodia vellutata, che prosegue poi in accompagnamento da un pianoforte spaziale che accompagna l’ascoltatore in una dimensione da sogno; sicuramente uno dei brani migliori dell’album, e non a caso è anche il primo singolo estratto. Ritroviamo la stessa struttura in Trummerung, anche se in questo caso già dall’inizio percepiamo un’altra sensazione, uno scuro temporale che sta per arrivare: ma anche in questo caso, Kalkbrenner sa quali corde toccare nel suo target, che si colloca sempre a metà strada tra puro ascoltatore e frequentatore dei club più cupi del globo; e di sicuro con questo brano l’ispirazione è venuta da tutto quel sottobosco di piccoli e scuri club che pervadono Berlino e tutta la Germania, il basso rotola supportato da una bella marcetta ritmica e sono davvero poche le alte frequenze che possono donare un po’ di respiro al brano. Atmosfere simili si possono ritrovare in Der Ast-Spink e in Hinrich Zur See (che poi per me che non conosco il tedesco tutti questi titoli sono una figata perché non ho la più pallida idea di cosa stiano a significare, e in questo modo accrescono il fascino di questo album; almeno il titolo dell’album però so cosa significa; e tra l’altro in questo preciso istante sto avendo un deja-vu ma penso che tutto ciò interessi poco a chi sta leggendo questa recensione). Il capolavoro arriva in chiusura, con l’ultima traccia dell’album dove atmosfere gitane capitanate da chitarre imbizzarrite drizzano l’orecchio dell’ascoltatore e fanno muovere il corpo del ballerino: Das Gezabel De Luxe (che riprende la già citata Das Gezabel) è una vera e propria ballata dal piglio coinvolgente, sicuramente un brano dalla struttura non eccessivamente innovativa (questo inserimento di elementi un po’ gypsyes su ritmiche in quattro quarti è già stato proposto e riproposto, e ne è anche quasi un esempio l’attualissimo rifacimento di Reckoning Song di Asaf Avidan ad opera del dj Wankelmut, non a caso tedesco pure lui) ma il modo in cui la confeziona il berlinese è davvero davvero efficace; mi auguro che questo brano si trasformi in un inno estivo, ma speriamo non nel tormentone per non fargli fare la fine di Sky And Sand.
Tirando le somme, un album che al primo ascolto mi aveva rimandato con la mente un po’ troppo al precedente Icke Wieder, ma che rianalizzato meglio convince a pieno; un sicuro invito al vivere l’ascolto di questo nuovo lavoro dal vivo (Kalkbrenner ha già annunciato un tour europeo di live performance tra febbraio e marzo, dove ovviamente una tappa italiana non è ancora prevista, ma speriamo bene) nel quale l’artista riuscirà sicuramente ad innalzare ai massimi livelli le emozioni che ci vuole comunicare con il suo nuovo album; e il sottoscritto che ha avuto modo di vederlo all’opera già diverse volte, ve lo consiglia caldamente se siete amanti del genere. E da segnalare una copertina stilosissima che però sul retro ha i titoli scritti in nero su sfondo nero, e per uno come me che già non ci capisce una mazza di tedesco diventa ancor più difficile leggere i titoli; vabbè, poco male, tanto non ne capirei ugualmente il significato; e google translate non sa aiutarmi nemmeno nella traduzione di Das Gezabel mannaggia…
Anno: 2012
Etichetta: Paul Kalkbrenner Music
Tracklist:
1. Schnurbi
2. Der Stabsvörnern
3. Kernspalte
4. Spitz-Auge
5. Globale Gehung
6. Das Gezabel
7. Vornern-Anwärter
8. Hinrich Zur See
9. Der Buhold
10. Speiseberndchen
11. Fochleise-Kassette
12. Trummerung
13. Datenzwerg
14. Schwer Verbindlich
15. Der Ast-Spink
16. Bieres Meuse
17. Das Gezabel (De-luxe)
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