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giu 04

Crocodiles – Sleep Forever

Li avevamo lasciati all’epilogo di Summer of Hate, primo, sfolgorante esordio del 2009. Charles Rowell e Brandon Welchez ritornano esattamente un anno dopo sempre per la stessa etichetta, la Fat Possum Records. E lo fanno con un mini album (8 tracce) e con una precisa dichiarazione d’intenti: Sleep Forever. Per chi non avesse ben chiaro il concetto prego guardare la copertina. Sul versante sonoro non cambia molto dal primo disco, se non che la produzione è stata affidata a James Ford dei Simian Mobile Disco. Per il resto invece i due californiani di San Diego hanno voglia di continuare a surfare sulle alte note dell’indie rock in un intrigante gioco di specchi (Mirrors prende la rincorsa), lanciandosi ogni tanto in spericolate manovre psichedeliche (vedi Stoned to Death, ipnotica come un suonatore di sitar a Mumbai, ma quando ce n’è bisogno devastante come un monsone nel golfo del Bengala). L’ombra che li accompagna è sempre un persistente accenno noise, che non scompare nemmeno nei pezzi più lenti come la dolcissima Girl in black e che viene spesso accentuato dall’uso irregolare delle tastiere sparse qua e là come sementi da cui far rinascere un giorno qualcosa di nuovo. D’altronde vita e morte sono la stessa faccia di una stessa medaglia, ed i due concetti ritornano spesso nella semplicità altalenante dei Crocodiles.
Averli rivisti live ci ha restituito un’immagine più dignitosa di quella precedente. Ma c’è chi è pronto a giustificare la toppa precedente col fatto che i ragazzi a volte si lasciano andare un po’ la mano. Specialmente al bancone. Se la storia è questa allora li giustifichiamo pienamente. Anche perché di pezzi come la martellante Sleep Forever ce ne stanno davvero pochi in giro. Lucida, colorata, semplice e chiara come una fonte della giovinezza (perduta) e con uno sguardo costante al cielo. Ogni tanto bisognerebbe guardare su, non solo per pregare, ma anche per pulirsi gli occhi dal quotidiano. E quando il cielo ed il mare hanno lo stesso colore si potrebbe prendere la tavola da surf ed affidarsi alle parole di Hearts of love. Con una chitarra che ricorda i Raveonettes versione West Coast, surfing “the streets of day”. Ma fate sempre attenzione all’ombra che li accompagna: potrebbe essere fatale. Incluso nel prezzo vi è però la messa finale: quando arriverà il momento (no love to spend on you) il canto conclusivo di All my hate and my hexes are for you verrà suonato per voi negli appositi luoghi di culto. Con commozione assicurata e, ci giuriamo, lacrime di crocodiles.

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