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Erin McCarley – My Stadium Electric

a cura di Marco Valchera

A quattro anni di distanza viene pubblicato il secondo album di Erin McCarley, My Stadium Electric, per ora disponibile, purtroppo, solo in formato digitale. Figlio di un lunghissimo processo di scrittura, per cui l’autrice si è avvalsa della collaborazione, oltre che del fedele Jamie Kinney (già presente nell’esordio Love Save The Empty del 2008), anche di produttori più noti, come Greg Kurstin (Sia, Lily Allen, Kelly Clarkson), Mike Elizondo (Dr. Dre, Regina Spektor, Fiona Apple) e Mark Treppe (Jason Mraz, Train), My Stadium Electric segna una nuova strada per la cantautrice originaria di Nashville verso un pop mainstream di maggiore presa sul pubblico. Appartenente al quel filone indie-pop che, negli ultimi anni, è emerso, per lo più, grazie al telefilm Grey’s Anatomy, la musica del debutto della McCarley era facilmente associabile a quella di Ingrid Michaelson, forse colei che più ha sfruttato il successo del serial ambientato nel Seattle Grace. Se Love Save The Empty, maggiormente introspettivo, peccava proprio per una personalità ancora poco definita, My Stadium Electric ci mostra un’artista in grande forma, divertita e divertente: è chiaro che coloro che hanno amato le atmosfere malinconiche del predecessore possano storcere il naso di fronte a questa nuova fatica, considerandola troppo commerciale e plastificata. Ma, scorrendo le tracce, si trovano pochi punti deboli, in un pastiche di suoni, ritmi e atmosfere, ricchi di molteplici sfumature, che vanno dalla ballata (genere chiave della songwriter) a motivetti pop, che si incollano in testa per quanto ben costruiti, eppure mai banali.
Il singolo Elevator, perfetta macchina bop e caraibica con un ritornello alla Gwen Stefani, ci mostra immediatamente la nuova direzione intrapresa dalla cantante; You’re Not That Someone, è un pop rock FM che segue la scia della Sheryl Crow degli anni Novanta. Ballate si alternano a pezzi più leggeri e allegri: What I Needed e Re-Arrange Again, appartenenti al primo gruppo, sorrette dal pianoforte, sembrano composte dalla Michaelson e ne mostrano la grande bravura; dall’altro lato Pop Gun, sulla necessità di chiudere una relazione, sfrutta percussioni e sintetizzatori ed è incredibilmente catchy e spumeggiante, stesso discorso non si può fare per la successiva Vertigo, opinabile canzone nello stile della peggiore Spears. Fever riprende le atmosfere di Sweet Disposition, successo del gruppo The Temper Trap, mentre Survey, la migliore, è acustica e romantica. Amber Waves è una piano song gioiosa che si riallaccia ai successi di Love Save The Empty, come Pitter-Pat o Pony; Just Another Day, orecchiabilissima, è una dichiarazione di intenti contro la casa discografica per le troppe pressioni ( Need, need to please the boy’s club/Which one of you is the leader?/Numb, numb the dummy has his thumb/Down, down on everyone/Hey where are allo f the dreamers?). Da tralasciare, invece, la conclusiva e poco riuscita Hush Hush.
È molto strano che la Universal non abbia investito in questo progetto: con la dovuta promozione e lanciando i giusti singoli, My Stadium Electric avrebbe potuto ottenere buoni risultati nelle charts, con la sua perfetta combinazione di generi e stili. La speranza è che, al più presto, si possa assistere ad una rivincita della McCarley, che passi, anche, per la pubblicazione fisica dell’album.

Label: Universal Records
Anno: 2012
Tracklist

01 – Elevator
02 – You’re Not That Someone
03 – What I Needed
04 – Pop Gun
05 – Vertigo
06 – Re-Arrange Again
07 – Fever
08 – There’s No Holding You Down
09 – Survey
10 – Amber Waves
11 – Just Another Day
12 – Hush Hush

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