a cura di Marco Valchera
Non si può negare che Lisa Marie Presley appartenga allo show business: un cognome così noto e pesante da portare, un matrimonio con Michael Jackson (chi non ricorda il loro bacio durante gli Mtv Video Music Awards), un altro con l’attore Nicolas Cage. La quarantaquattrenne torna sulle scene dopo sette lunghi anni di attesa con il suo terzo album in studio, Storm & Grace, prodotto da un mostro sacro della musica tradizionale americana, T-Bone Burnett (Los Lobos, Counting Crows, Elvis Costello). Data questa collaborazione, è evidente che vi sia un cambio di rotta ben marcato rispetto ai due predecessori, To Whom It May Concern (2003) e Now What (2005), contrassegnati da un pop-rock da FM e che, comunque, almeno in patria, avevano riscosso un buon successo. Storm & Grace si focalizza, lungo le canzoni che lo compongono, per lo più, sul tema del mantenimento della propria identità in un mondo, quello dello spettacolo, che tende a fagocitarti; accanto a questo, non mancano ballate dagli argomenti più romantici e leggeri. Senza dubbio ci troviamo di fronte al lavoro più maturo dell’artista, ma gli arrangiamenti sono la pecca più grande: un profluvio di slides, mandolini e la mancanza di mordente appiattiscono il tutto, rendendolo fin troppo omogeneo, a tal punto che risulta difficile riuscire a distinguere un brano dall’altro, un ritornello dall’altro, una ballata da tentativi (maldestri) di creare brani più vivaci.
L’iniziale Over Me è un roots rock-country monotono e sbiadito, manifesto di quello che verrà dopo. Il singolo You Ain’t Seen Nothin’ Yet è un buon pezzo rock sul modello di Sheryl Crow e, in particolare, dell’album The Globe Sessions (1998), così come Un-Break, interessante numero pop-rock. Le ballate Weary e Close To The Edge rappresentano il meglio: la prima, scritta con Richard Hawley degli ex Pulp, è giocata su mandolino e chitarra acustica con una batteria lievemente accennata; la seconda, con la sua voce roca che si accompagna ad una steel guitar, sorprende con un finale quasi jazzato. Il problema è che la seconda metà offre all’ascoltatore veramente poco di entusiasmante: Soften The Blows è una ballatona trita e risentita stile Dixie Chicks; Storm Of Nails è interessante nelle liriche ma è bruciata dallo stesso arrangiamento delle canzoni precedenti; peggiori sono Forgiving, di nuovo rock e mandolini, e la title track, sulle gioie e i dolori dell’amore, dal sapore country. L’unica degna di nota è la traccia numero nove, How Do You Fly This Plane?, relativa ai problemi di scrittura, da parte di un’artista, che, purtroppo, non riesce a lasciare un segno profondo in campo musicale, sebbene abbia sia voce sia physique du rôle per imporsi.
Anche le quattro bonus tracks della versione deluxe, ad eccezione di Sticks And Stones, ricalcano gli stilemi della standard: sommerse da mandolini e arrangiamenti malinconici, si impongono per il loro piattume e niente altro.
Lisa ha optato per una decisione sicuramente coraggiosa: creare musica più seria rispetto agli esordi (sebbene Now What mi avesse conquistato) staccandosi da motivetti lontani dalle charts. Si tratta, però, di un tentativo malriuscito: il suo punto forte, la voce sensuale e roca, si perde in un mare magnum di noia, trasformando Storm & Grace in un compitino ben svolto, ma, di certo, non attraente.
Label: Universal
Anno: 2012
Tracklist
01 – Over Me
02 – You Ain’t Seen Nothin’ Yet
03 – Weary
04 – Close To The Edge
05 – So Long
06 – Un-Break
07 – Soften The Blows
08 – Storm of Nails
09 – How Do You Fly This Plane
10 – Forgiving
11 – Storm & Grace
12 – Heartless
13 – Stick And Stones
14 – I Was Wrong
15 – Just A Dream
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