a cura di Lorenzo Marchio
Sono Lorenzo Marchio, chitarrista della band romana Rebürn. Giovedì 24 gennaio 2013 mi sono recato al concerto degli Ufomammut al Traffic Club, uno dei locali più attivi della capitale per quanto riguarda la musica hard (e non solo). Causa inaspettato protrarsi di impegni e conseguente ritardo non sono riuscito a presenziare alla performance della prima band in programma, i Megatherion, ed addirittura ho fatto ingresso nel locale mentre i Camion (secondo gruppo dei tre previsti per la serata) si stavano già esibendo.
Devo dire che avendoli già visti all’opera svariate volte ed avendo ascoltato i loro pezzi più significativi su youtube, riesco ormai agevolmente a riconoscere il loro stile e ad apprezzarlo appieno. Credo che esprimano originalità, trovo che il loro sound “bluseggiante” risulti potente ed avvolgente, definito e profondo. I loro bassi risultano in perfetta sintonia con il battito prepotente della batteria, la voce del cantante (caratterizzata da growl) e le chitarre.
In defintiva li giudico semplici ma terribilmente efficaci e soprattutto abili nel “tenere” la scena e sostenere il contatto col pubblico.
Il momento del cambio palco per la salita in pedana degli headliner della serata è sfruttato dall’audience per tracannare birra, fumare una sigaretta e fare pit-stop in toilette. Eccoli gli Ufomammut prendere posizione con fare sornione. Parte subito la loro impressionante barriera sonora cogliendo tutti di soprassalto. La pesantezza della musica crea un vortice densissimo e rallentato che riesce a smuovere anche quella parte di pubblico che avrebbe preferito assistere staticamente al concerto. Le note lunghissime eppure straripanti di movimento conducono l’ascoltatore verso minacciose esplosioni di suono, come a volerlo trascinare, tramite un’angosciosa salita, fino all’affaccio su un oscuro baratro. E’ una martellante danza oscura e psichedelica, primitiva ed esoterica, assolutamente letale. Ci sono stati dei momenti in cui ho avuto come l’impressione di essere sollevato da terra quasi che quella musica rivendicasse il suo “diritto” di coinvolgermi, anzi travolgermi, al di là della mia reale volontà. Ciò anche causato dall’utilizzo sperimentale della voce che produce dei vocalizzi che definirei mistici capaci di rimandare a presenze sconosciute e luoghi desolati. E pensare che, ad essere sincero, non mi reputo neppure un amante di questo genere musicale che da adesso in poi mi riprometto di riconsiderare con grande interesse e curiosità. Su quel palco gli Ufomammut non hanno soltanto eseguito musica ma hanno aperto una dimensione, un portale che ha inglobato tutti in un luogo mai esplorato prima.
Photo by Carlo Alberto Riolo
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