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feb 12

Tosca – Odeon

Mi approccio con curiosità all’ascolto di questo sesto lavoro della band viennese capitanata da Dorfmeister e Huber, e da subito rimango colpito: lo assorbo tutto d’un fiato e penso già a come iniziare la recensione, con un discorso tipo “bello: questo album va descritto solamente con questa aggettivo, ossia bello!”. Passa un po’ di tempo, e mi accingo a riascoltare l’album, perché ormai la recensione è impellente per la pubblicazione, e io non ho ancora iniziato nemmeno l’incipit che avevo in mente: sono al lavoro, e tra una scartoffia e l’altra da compilare , mi accingo all’ascolto traccia per traccia per buttar giù qualche riga di descrizione. Rileggo ciò che ho scritto e vedo che la mia impressione iniziale è un po’ cambiata, non peggiorata per forza anzi, questo Odeon rimane un gran album ma la percezione e soprattutto le sensazioni che mi suscita sono diverse: sarà perché il primo ascolto è avvenuto in un momento sornecchiante di sabato pomeriggio ed invece il secondo ascolto è avvenuto in un frenetico venerdì mattina in ufficio. Ne scaturisce quindi un giudizio globale un po’ altalenante, il cui bilancio è comunque positivo: un lavoro in studio che esalta il lato un po’ più dark del relax, una sfumatura alla quale il progetto Tosca ci aveva già abituato sin dai primi anni novanta. Un’esperienza da fare durante un bel bagno caldo, ma con poche candele accese, piuttosto che ad un aperitivo di classe, come ci aveva magari suggerito il precedente No Hassle.

Zur Guten Ambience, è l’intro perfetta, quieta e delicata mentre si riempie la vasca e si versa il bagnoschiuma al gelsomino. Si accendono poi le candele con What If , che ha un sapore alla Zero7 dei primi tempi, jazzata e agrodolce, malinconica e soave allo stesso tempo. Con Heatwave ci si immerge nell’acqua; inizia inquietante ma procede poi sicura, un pezzo ritmato d’atmosfera che rimanda soprattutto nell’incipit a quello splendido disco ad opera dell’altra grande mente del duo leggenda della down-tempo austriaca, ossia il progetto Peace Orchestra di Peter Kruder; evolve poi in un ritmo contemporaneo, e chiude con un rap un po’ alla Maxi Jazz dei Faithless. Jay Jay è di nuovo atmosfera, con un cantato e una struttura un po’ alla Depeche Mode, è una danza lenta, quasi rituale, con dei crescendo d’impatto, e zone d’ombra che rendono tutto abbastanza tetro e spettrale. Dopo la leggera parentesi di Soda, si appoggia la calma Meixner, che mantiene però sempre quella vena d’oscurità che caratterizza un po’ tutto il progetto, anche quando il tutto diventa più ritmato, ma sempre nei canoni del down-tempo. Stuttgart denota una sorta di dislocamento tra il titolo e il cantato in portoghese, le ritmiche son più decise e direzionate al movimento moderato della testa durante l’ascolto, ma l’atmosfera rimane sempre la stessa: una penombra dalla quale fende un tiepido sole fatto di echi dilatati e chitarre appena accennate. In My Brain Prinz Eugene è un brano moderno, che si sviluppa un po’ alla volta, fino all’arrivo di un cantato rauco che si appoggia su melodie fatte di pochi suoni ripetitivi. Cavallo riesce ad equilibrare toni pacati e ritmica sostenuta, una galoppata al buio con quella voce scura e quelle note basse nella scala che si ripetono per tutta la durata del brano. Bonjour ha il battito del cuore che scandisce un risveglio di suoni fatti di chitarre ed archi, è l’esempio di quanto si possa fare con pochi elementi ripetuti e ben disposti lungo la durata di un brano, mischiando giochi di volume ed echi che dilatano ed amplificano le emozioni. È un brano che rappresenta una chiusura perfetta (un po’ in ripresa con l’apertura), una giusta colonna sonora per momenti intimi e profondi. Magari il terzo ascolto di quest’album lo farò approfittando proprio della metafora che ho usato per scrivere questa recensione, ovvero durante un bel bagno caldo, magari proprio di venerdì uscito dal lavoro; e chissà però in questo caso quali altre sensazioni mi susciterà questo disco. Alla fine, tutta questa indecisione, questo farsi sfuggire il vero messaggio di Odeon, questa sensazione di oscurità al limite tra l’inquietante e il rassicurante, contribuisce a regalare a questi cinquanta minuti di musica, un’aurea di mistico fascino davvero difficile da ritrovare al momento in altri dischi.

Etichetta: !K7 records

Anno: 2013

Tracklist:

1.ZUR GUTEN AMBIENCE 
2.WHAT IF
 
3.HEATWAVE
 
4.JAYJAY
 
5.SODA
 
6.MEIXNER
 
7.STUTTGART
 
8.IN MY BRAIN PRINZ EUGEN
 
9.CAVALLO
10.BONJOUR

 

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