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mar 09

Kate Nash – Girl Talk

a cura di Marco Valchera

Kate Nash vuole diventare la nuova Courtney Love: è questo ciò che traspare ascoltando il nuovo album Girl Talk, terzo della sua carriera, dopo l’esordio fortunato e spumeggiante di Made Of Bricks (2007), che vedeva alla produzione la mano di Paul Epworth (Florence + The Machine, i successi di Adele, Skyfall e Rolling In The Deep), e l’interessante e complesso My Best Friend Is You (2010), che non ha ricevuto l’attenzione necessaria da parte del pubblico. Fondata la sua etichetta discografica, l’artista cambia totalmente influenze e stile: se il piano pop di Regina Spektor era più che presente nei momenti in cui Kate rallentava il ritmo e si dedicava alla ballata, ora è la rockeuse più nota degli ultimi decenni ad essere assunta come modello. Il problema di Girl Talk è che la Nash non ha né il timbro sofferto e roco né tantomeno la statura della leader delle Hole, che, nel bene o nel male, è entrata di diritto nella storia della musica rock, anche grazie ai suoi eccessi o decisioni di dubbio gusto. Descritto dalla londinese come un disco che mostri la missione dell’essere donna, le tracce rivelano un pastiche di chitarre elettriche e di canzoni da riot girl, interpretate con un cinguettio vocale che l’ha sempre avvicinata alla connazionale e più famosa Lily Allen. Già dalla pubblicazione dell’ep Death Proof (2012) si poteva evincere che sarebbe avvenuto un grande cambiamento di ispirazione: più arrabbiata, più cinematografica (gli omaggi a Tarantino sono evidenti), sicuramente più coraggiosa e mai prevedibile. Applaudendo, comunque, alla scelta intrapresa, non è detto che il coraggio vada di pari passo con la piacevolezza dell’ascolto. Soprattutto quando ci si rende conto che la migliore Nash, ad eccezione di alcuni sparuti brani, è quella del finale, quando si spoglia del ruolo di bad girl e torna ad essere la cantautrice pop di splendidi brani alla Later On o Birds.
L’iniziale Part Heart apre Girl Talk al meglio: è, forse, la traccia più riuscita fra tutte. Si torna con la memoria al grunge dei Novanta, con l’accento cockney dell’interprete che si sposa perfettamente con il muro di chitarre che esplodono nel finale. Si susseguono poi Fri-end?, che, al di là del divertente gioco di parole del titolo, è una canzonetta pop rock un po’ sbiadita e poco convincente, sebbene abbia un chorus incisivo; Death Proof, singolo dell’omonimo ep dell’anno precedente, tarantiniana fino al midollo, e dalle atmosfere sudiste, è sì interessante, ma rivela anche quanto la Nash sembri sforzarsi di indossare una veste che non è sua, così come nella successive Are You There Sweetheart?, un po’ soporifera, e All Talk, con il placet di Auf Der Maur e Queens Of The Stone Age. Sister, al contrario, è un punk rock realmente ben fatto, dove gli effetti vocali, al limite della voluta stonatura, impreziosiscono un brano che non avrebbe sfigurato in Celebrity Skin. OMYGOD! è un pop Sixties, molto vicino alle ambientazioni del precedente My Best Friend Is You, mentre Oh, tesa, sempre sul punto di esplodere, ma dai toni pacati, si incolla alla memoria per quell’oh oh oh oh oh, continuamente ripetuto alla fine di ogni strofa. Conventional Girl, divertente nelle liriche (I’m sick of being the bitch that you think I am), mi riporta alla mente Charlotte Hatherley, sebbene il chorus sia stridente; 3AM, il primo estratto, non ha la forza per poter trascinare un intero album, anzi è monotona e per nulla orecchiabile, rispetto a singoli precedenti come Foundations o Do Wah Doo; Rap For Rejection è il punto più basso, un rap alla Beastie Boys o alla Run DMC, imbarazzante, come anche Cherry Pickin, troppo sguaiata, tanto da sembrare parodistica. Si risale la china con il finale, in cui Kate decide di prendere fiato e rallentare i ritmi, mostrando il suo lato migliore: Labyrinth è una ballata malinconica tra le più belle mai composte dalla venticinquenne, You’re So Cool, I’m So Freaky, acustica e con chorus a più voci, è un’inedita dichiarazione d’amore, e Lullaby For An Insomniac, a cappella prima dell’apertura orchestrale conclusiva.
Girl Talk è un progetto a cui bisogna prestare attenzione, anche se, come me, non si è totalmente in sintonia con questa svolta rock della Nash. Da un lato è da ammirare la necessità di non ripetersi mai, che è palese, se si getta uno sguardo alla discografia dell’artista, ma, dall’altro, c’è un po’ di amarezza per un album troppo disomogeneo e non riuscito come i precedenti.

Label: 10p Records
Anno: 2013
Tracklist

01 – Part Heart
02 – Fri-end
03 – Death Proof
04 – Are You There Sweetheart
05 – Sister
06 – OMYGOD!
07 – Oh
08 – All Talk
09 – Conventional Girl
10 – 3AM
11 – Rap For Rejection
12 – Cherry Pickin
13 – Labyrinth
14 – You’re So Cool, I’m So Freaky
15 – Lullaby For An Insomniac

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