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mar 13

Si viaggiare…e si riparte dal mare

a cura di Christian Panzano

Non saprei dire se il titolo sia azzeccato o meno, ma sta di fatto che di partire si deve pur partire e da questa Italia poi ingovernabilissima adesioni di fuga collettiva ed esterofilismo a grappoli se ne vedono a bizzeffe in questi giorni. Ma verso dove partire, e come iniziare a farlo? Danny Michel e lo scombinato collettivo Garifuna, provenienza Ontario, Belize e resto del globo, lo farebbero con un autobus di un tempo che fu, agghindato con un po’ di vernice arancio e verde. In realtà sarebbe bastato un transporter T2 bay con un po’ di margherite disegnate sopra, ma fa nulla. Si, ma per dove si parte? Poi loro non sono mica italiani, sono cittadini del mondo a tutti gli effetti, cosa volete che se ne freghino di questa Europa piena di beghe e cartomanti, terapeuti e teatranti? Malgrado permangano ancora dei  dubbi, qualche spunto di riflessione riescono a donarcelo e sono bravi, credetemi. Cadenze meticciate, ruggiti afrobeat e paciughismi di tre o quattro misture pregiate di tè blu e pampero bianco. Ascoltate la dolce tiritera di Survivor’s guilt che scatena merengue di tambora, chitarrine sinuose e ugole in modulazione di frequenza. Lui cantautore di lunga data, canadese pieno di ispirazione, colmo di fragranze esotiche e internazionali (rimando al suo sito) può garbare un sacco, specialmente se siete afflitti dall’insonnia, caffeinomani o schiavi delle cuffie per non svegliare nessuno intorno a voi e volete tanto ricordarvi di quei bei tempi vissuti con Buena vista social club, Africe Unite, Manu Chao e compagnia cantante. I Garifuna in questo sono il companatico che ogni cantante vorrebbe. Sette elementi di palpabile duttilità. Tra raffinati intrecci di corde alla Ebo Taylor e oceano come portento a misura d’offesa. Ok, ho corso troppo, sono già arrivato sull’Atlantico dopo che ci eravamo salutati sulle coste di Francia, manco fossi Hemingway, ma di sicuro la prima tappa del secondo nostro episodio con Bandcamp è succulenta. Affacciatevi dal balcone signore e signori, l’estate sta per arrivare anche se siamo a Marzo senza governo, a breve senza presidente della repubblica e senza occupazione. Ma si, così è la vita. Penso però al calar della sera quando sulla nave immaginaria dei nostri miraggi tra un molo e l’altro del mondo, saremo costretti a piantonare la cambusa, dato che fuori il cielo butterà di sicuri  rovesci.

Nestor Kea & Lucio Bukowski

Ho trovato un rimedio per non farsi infinocchiare da Morfeo proprio in questi istanti di infelicità! Nestor Kea e Lucio Bukowski. Ok, bisogna essere un po’ dei sociopatici per prendere questa medicina quando fuori rumoreggiano i marosi, d’altronde avventurarsi senza paura, che avventura è? Quindi vi riporto in Francia, ma non me ne abbiate a male, è solo una provocazione da italiota stufo della penisola. Sembra di sentire un concept poetico che sguscia tra brusii, armonici, lievi rap in francese (qui Lucio ci mette veramante del suo) striature in downtempo e archi mezzo storti e mezzo folktronici. Tutto godibile, ma assolutamente personale, intimo, caduco. Insomma non vi garantisco niente, ma pena sfidare la tempesta con le vostre gracili braccia di umani corruttibili, vi conviene accettare il consiglio di un amico e buttar giù la sbobba. Il viaggio dall’ Ontario alla Francia non è stata una passeggiata, soprattutto si era tutti un po’ rimasti senza viveri oltre che senza governo in patria. Era rimasto solo tonno in scatola, una striscia bisunta di bleu d’Auvergne e i peperoncini di mammà, ma se patria fosse codesto mare aperto, allora sarebbe veramente difficile fare un contradditorio delicato senza farsi scappare una sana bestemmia. Meglio farsi domande del tipo: Come è profondo il mare? Cosa risponderebbe Lucio Dalla ad esempio? Lucio! Vienici in aiuto, qua non ci si capisce una beata sega, ma perchè te ne sei andato così presto?
Se lo domanda anche la Garrincha dischi, una delle più interessanti realtà indipendenti operanti sul suolo nostrano. La loro ultima fatica discografica è  il remake dell’album di Dalla del 77 (Com’è profondo il mare) fatto dalla Garrincha star-all stars con tanti personaggi noti nell’ambiente indie. Garricha? Ma non saremo mica a Rio de Janeiro vero? No siamo in Italia, Italia bella, in quel di Bologna. A bada il nostro mare, o Mediterraneo mio, unica certezza che trattengo a pugno chiuso, questi italosudamericanisti alla testa di Matteo Costa Romagnoli, potrebbero essere la soluzione ai nostri mali sul volgere dell’inverno e se da un accordo in barrè in levare bisogna passare per redimere i peccati del mondo, allora ben venga questa uscita. Le rughe di rabbia del mare hanno svoltato l’angolo dell’inferno per una cruna di beatitudine solo apparente. Io approfitterei del momento di calma, presumendo che qualcuno si stia preparando per mettercela in quel posto da un istante all’altro (vedi giochi di potere, governissimo, agenda Monti e ritorno al voto) diffiderei dalle imitazioni, rimarrei pulito e integerrimo e mi terrei lontano dalle ronde nemiche. Sta di fatto che se qui i politicanti non si decidono a governare, rimandano un altro Mario Monti. No! Basta Europa, ci hai aiutato già abbastanza, grazie. Ma no, dai, non insistere perchè noi siam fatti così, noi italiani le cose ce le risolviamo in casa nostra e ora che non possiamo più svalutare la lira, inizieremo a svalutare i nostri cittadini, togliendo loro il lavoro, la dignità e le mutande. Vedi Europa cara, abbiamo imparato la lezione, abbiamo capito, stai tranquilla che una formula la troviamo per mandare avanti la baracca: La formula 1, per l’appunto! Ma in fondo hanno ragione i Chewingum che fanno il verso a Dalla “l’ho visto accarezzare un cane, avevano lo stesso sguardo, cane e uomo morivano di fame”, no sicuro che uno dei due non moriva proprio di fame, ragazzi. La soluzione è essere un Disperato erotico stomp, come canta Nicolò Carnesi. Ma Lucio sarebbe stato orgogliosissimo di questo omaggio alla sua immensità malandrina e giocosa italianità. Ciao Lucio e che il vento di maestrale di porti in grembo. Il mare ora lo vedo dallo Jonio, con la speranza di assestare le gomene incartapecorite. Tanto lo so di non poter sparare un help sulle acque territoriali. Così piccina la vista da qui che quasi quasi mi faccio un pisolino in attesa del prossimo veliero. Non so voi ma io mi sento addosso un certo malessere greco, una specie di virus influenzale. Buonanotte suonatori e buonanotte ai pescatori, buonanotte a chi lo merita, buonanotte ai viandanti e chiudo gli occhi che domani si va a lavoro, speriamo ancora per un po’.

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