a cura di Christian Panzano
Non conoscevo Claudio Nunez. Mea culpa! A chi pago la mora? Con quale luminare devo scusarmi? Argentino di Buenos Aires, classe 1959, studia chitarra classica e composizione con Hilda Dianda (forse è con lei che dovrei scusarmi), figura di spicco della musica contemporanea sia tra le avanguardie degli anni ’70 che come ricercatrice e musicologa. All’inizio degli anni 80 Claudio si trasferisce negli Stati Uniti lavorando da una costa all’altra, da Los Angeles a New York, con decine di personaggi del jazz di quegli anni, noti e non (Danny Cove big band, Storacci sextet), contribuendo a dare vigore al suo background personale, importandolo in una scena downtown che tuttora non termina di sperimentare. Ed è cosi che tango contemporaneo, free jazz, raga, folk si fondono in questi momenti lunghi e compulsivi con lo studio sull’elettronica, sulla fonologia e le ambientazioni sonore. A ben giudicare dalla sua discografia, questi anni statunitensi sono i più proficui. L’intreccio delle conoscenze, il dissapore delle metropoli, il getto di piacere delle collaborazioni, crea un sodalizio armonico che è alla base delle future produzioni dal 2004 in poi, anno in cui Nunez lascia gli Stati Uniti per rientrare in Argentina. Di questa lunghissima esperienza, se ne può trovare traccia in Free jazz on Monday di 9 anni fa. D’altronde è facile, per chi non conosce il polistrumentista, esplorare su internet la storia di questo periodo, perchè basta andare sul caro e ormai antiquato myspace e scaricarsi qualche sua robina in creative commons. Certo non bastano pochi giorni per capire la poetica di questo personaggio, ma è già un buon inizio. Credo che fra tutto lo scibile che ci è permesso ascoltare su di lui gratuitamente, le punte di irresistibile piacere siano da rintracciare in Folkdances for unlikely people del 2010, dove l’argentino suona praticamente tutto, dal flauto dolce alla kalimba, dal tar all’udu drum (piccolo tamburo nigeriano), dal mini tumbadora alla chitarra con arco o preparata. Manca solo il triangolo e il citofono! Ma non prendetemi sul serio, rischieremmo di svilire l’argomento in questione. Un altro gioiellino della sua produzione è sicuramente Triste, solitario, final… di 3 anni fa. È un piacere ulteriore ascoltare il suo ultimo lavoro uscito qualche mese fa per la netlabel umbra Acustronica, che offre sempre materiale in esclusiva, ascoltabile e scaricabile, autori e compositori di tutto rispetto supportati da una produzione impeccabile. December last poems è da raccomandare per chi vuole ricercare sfumature di silenzio nella variegata mole di rumori che ci attanagliano dal mattino alla sera, per chi non sa resistere alla tentazione di vedere, giorno dopo giorno, come si sviluppa il jazz di oggi. Nunez in realtà non aggiunge al già solcato, al già detto e fruito, protagonista egli stesso di picchi di massima improvvisazione. È semplicemente un quarzo perfetto dove riemergono figure della storia oramai di quel jazz che ha giocato agonisticamente con la classica, riservandosi un posto d’onore nei manuali. Jarrett, Bley, Evans e tanto Nunez da far commuovere. La prima traccia, Poema I, è probabilmente un ricordo che l’autore ha della sua America del nord, Brooklyn con cielo grigio e pioggia sottile, poi un tango in lontananza. Poema II è un divertissement di ispirata dolcezza, Poema III è un blues da camminata ritmica, Poema IV è una lieve zamba argentina. Il Poema V è la chiusa finale che lascia il solito amaro in bocca, poi la voglia di ascoltare il suo passato, fatto di tempesta e ritmi caldi, di note al bivio tra tradizione e moderno, tra storia e contemporaneità. Un eccellente autore dei nostri tempi.
Anno: 2012
Label: Acustronica
Tracklist
1-Poem I (last tango in Brooklyn)
2-Poem II (ludic serpentine)
3-Poem III (canyengue blues)
4-Poem IV (zamba de los recuerdos)
5-Poem V (closer)
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