a cura di Marco Valchera
Fresca dell’esperienza a fianco di Jack White nel gruppo tutto al femminile, The Peacocks, che ha accompagnato l’ex leader dei White Stripes durante i suoi ultimi live, Brooke Waggoner pubblica il suo terzo lavoro dal titolo Originator, a quattro anni di distanza dal precedente e bucolico Go Easy, Little Doves, ricco di archi e un po’ sfocato, rispetto agli esordi del convincente ep Fresh Pair Of Eyes (2007) e di Heal For The Honey (2008). La sua musica, che ha riscontrato un buon successo in molti serial americani come Grey’s Anatomy o Pretty Little Liars, è piano-centrica: per questo, oltre al comune colore di capelli, la Waggoner richiama la Tori Amos degli esordi, con il pianoforte a scandire ogni brano, costruito con personalissimo gusto. Infatti, delle architetture complesse e in continua evoluzione delle sue canzoni, l’artista fa il suo marchio di fabbrica: cosa che la avvicina maggiormente ad un’altra grande pianista, Fiona Apple. Sono questi i due modelli nascosti di molte delle giovani songwriters che stanno emergendo negli ultimi anni nella scena alt pop e che decidono di affidarsi a questo strumento a corde. Brooke, tra le meno conosciute, è una delle più interessanti e Originator ne è l’ennesima prova, un album ricolmo di tante sfaccettature diverse e difficilmente catalogabile, ma con una buona personalità indie pop che dovrebbe crearle un piccolo culto di fan. Ogni traccia possiede una propria vita a sé rispetto alle altre, ma diviene un tassello che arricchisce al meglio la complessa trama di Originator, sinuoso, elegante, completo e mai scontato.
L’iniziale Shiftshape è uno dei pezzi forti: si apre con dei sussulti e voci fuori campo, tra cui quella filtrata dell’interprete, con echi di Siobhan Donaghy, per poi diventare una piano song di mirabile fattura, con continui cambi di rotta, che potrebbe, tranquillamente, essere scambiata per un inedito della Amos. Il singolo Rumble, con i suoi cori e largo uso di fiati, è un motivetto pop friendly fresco e dalle batterie presenti in prima linea, una sorta di marcetta accattivante, ma dalla brevissima durata (poco più di due minuti). From The Nest, sulla scia dell’ultima Keren Ann, è una toccante ballata con arpe e fiati a supportare la gentilezza delle note del pianoforte, mentre Ink Slinger, nata dall’esigenza di mostrare il potere della parola, quasi come un’arma, è un divertente pastiche di suoni e cori, forse un po’ confuso, ma decisivamente vivace. Squint è puro Goldfrapp degli esordi, con quell’alone di mistero che si cela dietro ogni nota maestosa del pianoforte; Perish si avvicina a territori più orecchiabili di Erin McCarley, puro pop che si chiude come una sorta di lirica corale che rimarca i versi del chorus. Welspryng è una dolorosa canzone d’amore, malinconica come i brani di Agnes Obel, in cui una chitarra acustica leggermente pizzicata accompagna il pianoforte su confessioni come “I know I’ll never love like the lamb I was/ Ceaseless, it is the promise that I have, this wellspring always runs”. In Waterlogged domina l’orchestra, anche se alla memoria torna la figura di Regina Spektor, per l’abilità di concentrare liriche sulla quotidianità in meno di tre minuti. Le brevissime Canticle, strumentale, e Mixin’ With The Birdies preannunciano la perla di Originator, la conclusiva To Love. In duetto con Sanders Bohlke, la Waggoner si muove su strade jazzate, abbracciando l’onirismo di Felt Mountain e la classe di Tidal, con echi di Joan As PoliceWoman.
Label: Ingrooves
Anno: 2013
Tracklist
1. Shiftshape
2. Rumble
3. From The Nest
4. Ink Slinger
5. Squint
6. Perish
7. Welspryng
8. Waterlogged
9. Canticle
10. Mixin’ With The Birdies
11. To Love
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