a cura di Marco Valchera
Rebekka Karijord è quello che si può definire un enfant prodige: nata in Norvegia da genitori svedesi, compone la sua prima canzone all’età di tre anni, e, a cinque, inizia a suonare pianoforte e violino, per poi proseguire la sua carriera prima nel Norwegian Musical Theatre e poi nella Royal Academy Of Acting a Stoccolma. Un’esistenza vissuta in ogni genere di arte: questo traspare anche dalle tante influenze presenti nel suo nuovo album, We Become Ourselves. Dopo aver composto colonne sonore per più di trenta pellicole cinematografiche, l’artista ha iniziato a muovere i primi passi nella scena internazionale anche grazie allo spot di una nota casa automobilistica che si è servita di una delle sue canzoni, Multicolored Hummingbird, tratta proprio da We Become Ourselves. Un lavoro, questo, ricco di atmosfere profonde, gotiche, teatrali, guidate dalla sua voce matura e sofferta, dai toni jazzati. I paragoni che possono nascere sono molti: Tori Amos, Bjork, Bat For Lashes, fino a spingerci a Kate Bush, perché, proprio come ognuna di loro, anche la Karijord unisce il pianoforte e dimensioni oniriche a un sapiente uso dell’elettronica e di percussioni tribali. Quello che manca alla sua terza fatica è una linea guida lungo tutto l’ascolto: le composizioni, prese singolarmente, rivelano spesso un’attenzione quasi maniacale al particolare, ma tutte insieme non riescono a creare un album complessivamente perfetto. Non che manchino tracce eleganti e piacevoli: We Become Ourselves è, comunque, interessante e ben riuscito, ma si sente la mancanza di un colpo di coda, di una sorpresa improvvisa, che lo renda memorabile.
L’iniziale Prayer è sorretta da una linea di pianoforte e da battiti di mani: niente di più, ma la voce, a metà strada tra Sarah McLachlan e Joan Wasser, unita ad un’armonia che richiama da vicinissimo i momenti migliori di Bat For Lashes, la rende uno dei brani migliori dell’intera tracklist. Use My Body While It’s Still Young è un calderone di suoni su cui si innalza la sua interpretazione possente: un organo fa capolino su percussioni tribali alla Wildbirds & Peacedrums, regalandoci un’altra perla. Poi ci si perde un po’ per strada: la title track, con i suoi cori da chiesa, è monocorde e ripetitiva, non allontanandosi mai, lungo i suoi cinque minuti, dallo stesso arrangiamento scarno ed essenziale, mentre Oh Brother si appoggia al pianoforte e, seppure gli echi della McLachlan siano nuovamente evidenti, la mancanza di un guizzo la trascina via senza emozione. Your Love è un interessante incontro tra Annie Lennox e Florence Welch: il clapping e il ritmo più sostenuto la avvicinano allo stile di Lungs. Multicolored Hummingbird ha la leggiadria di una Feist degli esordi: gode di quella gioia soffusa tipica dei motivetti più orecchiabili dell’interprete canadese. Save Yourself sfrutta melodie avvincenti e un botta e risposta tra l’artista e un coro maschile, per poi chiudersi in uno stasimo di voci angeliche: è un brano complesso, a cui bisogna prestare attenzione e di per sé affascinante. Dopo You Make Me Real, un po’ Dido e soporifera, si succedono le due tracce finali, le migliori, toccanti e malinconiche: Ode To What Was Lost, in un’atmosfera cinematografica, manifesta tristezza da ogni singola nota del pianoforte; Bandages chiude il tutto con una sensazione dolceamara nella forma di una ballata evocativa al pianoforte.
Label: GoodFellas
Anno: 2013
Tracklist
01 – Prayer
02 – Use My Body While It’s Still Young
03 – We Become Ourselves
04 – Oh Brother
05 – Your Love
06 – Multicolored Hummingbird
07 – Save Yourself
08 – You Make Me Real
09 – Ode to What Was Lost
10 – Bandages
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