Con una settimana di anticipo rispetto all’uscita ufficiale, ma dopo mesi di angoscia mediatica, finalmente il mondo intero ha avuto modo di ascoltare Random Access Memories, il nuovo album dei Daft Punk dopo 8 anni di pausa interrotti solo dalla lavorazione della colonna sonora di Tron. Immagino che anche chi non ha mai conosciuto prima il duo francese, è stato comunque raggiunto dalla fuga di notizie che negli ultimi mesi ha riguardato l’uscita di questo nuovo lavoro (forse rompendosi anche un po’ le balle), vuoi indirettamente o vuoi per interesse. Ad ogni modo, questa coppia è sempre stata visionaria, sia nel modo di far musica che nel modo di veicolarla e comunicarla, ed anche in questo caso sono riusciti a colpire: in un periodo storico in cui appena Sonny Moore scoreggia, qualcuno posta su facebook il link a soundcloud del nuovo singolo di Skrillex, loro riescono a nascondersi (oltre che fisicamente dietro le loro maschere da robot, perchè leggenda vuole che durante la registrazione del loro secondo album Discovery, un campionatore gli sia esploso in studio trasformandoli in robot) dai media per periodi lunghissimi, senza lasciar trapelare nessuna notizia dei loro work in progress, e poi quando meno te l’aspetti, centellinano le news un po’ alla volta, creando hype e misticismo attorno a loro stessi. Perchè è proprio questo il punto di RAM, loro hanno sempre dato solo un accenno di notizia alla volta, ed è stato poi il pubblico, i loro stessi fan, a condire ed accentuare l’enfasi: recensioni, pronostici, critiche, ovvietà, a tal punto che pure io per primo ero indeciso se effettuare l’ordine del vinile a scatola chiusa, avendo sempre e solo ascoltato quel riff di Nile Rodgers che è già nella testa di tutti, che è già colonna sonora estiva, che è già pezzo in high rotation su tutte le radio, e che un po’ somiglia a If I Ever Feel Better dei Phoenix. Ma ieri l’ascolto, e la piacevole sorpresa: sapete che me frega a me di tutte le altre recensioni? Nulla. Random Access Memories è un gran bel disco (e ho fatto bene a comprarlo su vinile). Un album vario, ricco, assolutamente non banale ed innovativo rispetto ai precedenti: venivamo dal 2005 di Human After All in cui c’era un vero e proprio lavaggio del cervello, di macchine impazzite ed esasperate; dopo 8 anni, è tutto suonato, è tutto melodico, è tutto sapientemente orchestrato (e forse con l’esperimento di Tron ci stavano avvisando, o forse è servito per la maturazione di RAM), è un apparentemente anacronistico back to the roots (perchè d’altronde come dice il buon Pharrell, “Like the legend of the phoenix, all ends with beginnings”… e che non sia l’ultimo loro lavoro?), quelle radici che non sembravano appartenere a quel giovane duo che a metà anni novanta sperimentava con poche ed essenziali macchine un suono che si è prepotentemente piantato come pilastro nella musica dance, e del quale tutti riconoscono l’importanza. Non sono i Daft Punk che celebrano Moroder, sembra quasi il contrario: un personaggio del suo calibro che è onorato di far parte del nuovo disco dei due robot. Macchine dal’animo umano, come hanno sapientemente rappresentato nel loro film Electroma, questo Ram ne è il manifesto: niente più macchine (o comunque solo poche, vocoder su tutto che in effetti così sempre un po’ presente stanca anche, ma che dà risalto alle voci “ospiti”), ma tutto strumento. Dai, parliamoci chiaro: prima di Get Lucky chi si sarebbe mai aspettato un disco così da questi due pionieri dell’elettronica? Tutti i campioni che hanno composto Discovery sono da dimenticare alla grande, qua ci sono solo riferimenti, accenni, citazioni. E allora non veniamoci a dire che suona scontato, banale, commerciale; è ipocrisia ed ignoranza definirlo tale. Homen-Christo e Bangalter lo ficcano in quel posto a tutti, spiazzando e ridefinendosi: lentoni come The Game Of Love e Within erano solo abbozzati in Something About Us, Lose Yourself To Dance sembra un pezzo pubblicato sulla Motown e non sulla Columbia, Touch è il brano che par tutto fuorchè dei Daft Punk, Fragments Of Time è di una freschezza e spensieratezza imbarazzante, Giorgio By Moroder non è un tributo ma una sinergia naturale, e Contact un’esplosione che ti fa venire voglia di dire “ancora! ancoraaaa!”. Una storia la loro, quella di questi due totali innovatori, che continua, e continua nell’anonimato (o meglio, nell’occulto del loro essere robot che vogliono “ritornare” umani): invidiabili dispensatori di arte, incredibili governatori mediatici, probabilmente pure superbi imbroglioni (chi mi dice che al Traffic a Torino 6 anni fa fossero proprio loro sotto quelle maschere e dentro qull’outfit di pelle con più di 30 gradi di temperatura? E chi mi dice che questi strumenti siano suonati da loro e non da altri? E chi mi dice che siano strumenti veri, e non rielaborazioni al computer? Ma alla fine della fiera, la risposta a queste domande, è veramente importante?).
Vi sembreranno le ennesime parole stracolme di retorica, l’altra faccia della medaglia rispetto a chi ovviamente in totale controtendenza ha schifato questo loro ultimo lavoro, ma perchè non godere semplicemente di questa musica, Musica con la m maiuscola, composta da contemporanei Maestri con la m maiuscola? Basta criticare tutto sempre e per forza, crearsi aspettative che vanno al di là di ogni capacità di giudizio: tanto, credetemi, a Guy Manuel e a Thomas, importa veramente poco di quel che pensiamo noi; quindi, give life back to music…
Anno: 2013
Etichetta: Columbia Records
Tracklist:
Give Life Back to Music – 4:34
The Game of Love – 5:21
Giorgio by Moroder (feat. Giorgio Moroder) – 9:04
Within – 3:48
Instant Crush (feat. Julian Casablancas) – 5:37
Lose Yourself to Dance (feat. Pharrell Williams) – 5:53
Touch (feat. Paul Williams) – 8:18
Get Lucky (feat. Pharrell Williams) – 6:07
Beyond – 4:50
Motherboard – 5:41
Fragments of Time (feat. Todd Edwards) – 4:39
Doin’ It Right (feat. Panda Bear) – 4:11
Contact (feat. DJ Falcon) – 6:21
1 commento
Marcello
14 maggio 2013 a 18:06 (UTC 1)
Bell’articolo..complimenti! I Daft Punk sono sempre i migliori..la dimostrazione è questo nuovo disco (diverso)!