Quando la Hell Yeah! rec. di Peedoo Gallerani farà uscire qualcosa di brutto o scontato, farò una recensione a caratteri cubitali, dove non mi risparmierò insulti e critiche negative. Ma ce n’è ancora da aspettare, perchè anche il nuovo EP del duo Tempelhof si conferma come una gran produzione, in puro stile Hell Yeah! appunto, quello stile che sorprende per la fresca eterogeneità (ricordiamo che su quest’etichetta si passa dal suono kraut dei Crimea X a quello skizorock dei Confusional Quartet, dalle contemporanee cover jazzate del 3io al fricchettonismo di Ajello), senza mai risultare banale, scontato, sopravvalutato. Dopo il precedente You K, il duo ci propone una title track dall’inizio kraftwerkiano, che evolve in un brano concreto con andamento moderato pur rimanendo ascolto d’atmosfera per via di tappetoni fatti di archi sintetici, piccoli frammenti di voci, e synth che si rincorrono rendendo l’impasto omogeneo senza vergognarsi di quel minimalismo efficace ormai perduto. Ci pensa subito dopo il buon Fabrizio Mammarella (personaggio che ha sempre gravitato attorno al circuito di Peedoo) a rendere il tutto più concreto e dancefloor-oriented: il suo remix si basa su una bassline grassoccia, che mi ricorda in parte quel Stylophonic dei tempi che furono, con quell’approccio old school che sconvolge un po’ l’originale, che la rende attuale attingendo dal passato; il piglio è più deciso ed appunto orientato maggiormente ad un utilizzo in djset piuttosto che da brano inserito all’interno di un album. Dunga è oscuro, drittone e decisamente più martellante, una marcetta che personalmente non mi aspettavo dai Tempelhof che con questo brano ci mostrano il loro lato più club, più sintetico: si percepisce che sia la struttura del brano, che i suoni utilizzati, sono stati studiati per una funzionalità orientata appunto al club, ad un ambiente piccolo, fumoso, cupo. Il tutto non risulta mai troppo grezzo o approssimativo, ma mantiene un’eleganza ed una raffinatezza tipica delle produzioni di Luciano Ermondi e Paolo Mazzacani (questa l’identità di chi compone il progetto Tempelhof). Un po’ più incisivo è invece il remix che hanno fatto di questo brano i Margot (altro duo che da qualche tempo ha siglato dischi per Hell Yeah! rec., oltre che collaborazioni per la Border Community di James Holden): anche in questo caso non c’è esuberanza di suoni, il tutto è ben orientato e sapientemente indirizzato all’obiettivo di far muovere il corpo con consapevole moderazione, senza escludere assolutamente una riflessione celebrale. Non ci si scatena e non ci si dimena coi Tempelhof, si ondeggia a tempo cullati dalla sapienza della ricerca sonora, sempre attuale, sempre fresca, sempre efficace. In attesa di un album, probabilmente in arrivo questo autunno, non ci resta che lodare questo progetto, per l’umile cognizione nell’utilizzo degli elementi sonori, nella vivacità del fare ciò che piace senza vincoli, senza piegarsi ai canoni imposti dal music business, che è poi lo stesso spirito che guida tutte le uscite di quest’etichetta, che rappresenta a mio modesto parere, uno dei pochi ultimi baluardi rimasti nel panorama italiano a difendere questo spirito di libera innovazione musicale. Come sempre, impreziosisce il pacchetto l’artwork di Andrea Amaducci, che ovviamente interpreta in maniera eccelsa sotto forma visiva la linea di pensiero appena descritta.
Anno: 2013
Etichetta: Hell Yeah! rec.
Tracklist:
1) City Airport
2) City Airport (Fabrizio Mammarella aka Telespazio remix)
3) Dunga
4) Dunga (Margot remix)
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