a cura di Max Sannella
20th Century Man è il disco che vola oltre tutta la geometria dei confini fisici della Croazia, è il disco di Zatlan Stipisic in arte Gibonni, musicista e rockers croato, già “divinità” nei paesi dell’Est Europeo più prossimo, la sua arte ha subito alcune trasformazioni stilistiche prima di presentarsi al mondo in questa bella e nuova veste, dal suono hard del metal alle arrampicate dei palinsesti radiofonici pop fino ad arrivare a questo suono rock cantautorale che invoglia – dall’altra parte dei woofer – un ascolto molto interessato, attento.
Nulla che sia da interpretare come una Copenichiana sorpresa, ma un classic rock ben sgrossato come potrebbe essere da noi un viaggio con il sound di Massimo Priviero, un Maurizio Pugno et similia, ma che comunque colpisce e se messo sullo stereo in un momento di avventura mentale o fisica, riesce a fare da azzeccato soundtrack lungo tutto il tragitto intrapreso; ballate, storie, cornici elettriche e hook corali a presa rapida Kids in uniform, Broken Finger, sono la personalità poetica di questo artista dal cuore enorme e dal sangue incendiato, e l’approccio alla sua arte sonora è l’identica cosa di un intrecciarsi con la vita comune, semplice e odiata, amata e tirata da una parte all’altra come un elastico esistenziale, elettrico e carezze che fanno comunella in una tracklist “di pace” con la consapevolezza di dire e dare un qualcosa all’infuori del mero groove.
Con un vezzo che riporta a galla un lontanissimo Johnny Hallyday, Ain’t bad e la titletrack, il disco si muove agile e ben architettato, stilisticamente ibrido come i sintomi arabeggianti che competono col jack rovente in Hey Crow o nei tremori Hammond che accompagnano l’aria immortale e collar di My Cloud, ballatona che già da sola quota in surplus l’intero registrato; un disco che ha anche attimi di pensieri in solitaria e intimità da scandagliare ben concentrati in She Said, un angolo tenero e riflessivo che stringe il cuore come una spugna, che tormenta l’animo come un qualcosa che è lontano e si vorrebbe immediatamente vicino, immediatamente da riappropriare. Pop rock in una voluttuosa idea di libertà che l’artista Gibonni traghetta oltre cortina, la diffonde ovunque tanto da “europeizzarne” modulazioni e atmosfere, e la cosa fin qui riesce alla grande, e se voleva riempire quella pompa chiamata cuore di chi intercetta le sue essenze, quella cosa raddoppia.
L’uomo del ventesimo secolo che Gibonni disegna è un uomo tutto sommato ibrido, resta soltanto da decifrarne la profondità recondita del suo essere, per il momento soffermiamoci tra pedaliere attive e poetiche ben tratteggiate, poi la storia ne allungherà le mire.
Label: Reflektor Music/New Model Label
Anno: 2013
Tracklist:
1. Hey crow
2. Hide the mirror
3. Broken finger
4. My cloud
5. 20th Century man
6. Kids in uniform
7. My brother chain
8. She said
9. Nothing cgances
10. Ain’t bad
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