a cura di Marco Valchera
È difficile capire quale sia la strada che Alison Goldfrapp e Will Gregor vogliono seguire per la loro musica. A tre anni di distanza dal loro ultimo lp, Head First (2010), il punto più basso, finora, della loro esaltante discografia e un discreto flop a livello commerciale (mai i singoli del duo avevano venduto così poco nella classifica inglese), deve essere sorto un dubbio su quale direzione assumere per il nuovo album. Se il predecessore era infarcito di disco trash anni Ottanta che guardava a Abba & Co e seguiva una tendenza consolidata da divette pop, i Goldfrapp, con Tales Of Us, hanno deciso di tornare alle loro radici, a quelle atmosfere oniriche del loro incredibile debutto Felt Mountain (2000), e fatte rivivere sotto un nuovo vestito più pop con l’altrettanto interessante Seventh Tree (2008). Tra questi due poli abbiamo ascoltato un electro clash di primordine con Black Cherry (2003) e il trendsetter Supernature (2005), con i singoloni Ooh La La e Ride A White Horse, che hanno ispirato la raffinata dance dell’ultimo decennio (bussare alla porta di Madonna e Confessions On A Dancefloor). Dunque si torna al passato e lo si fa con immensa classe: testi toccanti, ognuno disegnato come un bozzetto intorno ad un nome proprio (ad eccezione di Stranger), una storia collettiva, interpretazioni degne di nota, sussurrate, mai sopra le righe, e toni ambient folk.
Jo si apre con un intro orchestrale, per proseguire con note di pianoforte che sembrano provenire da lontano: una realtà altra, impalpabile, che guarda a Utopia e ai tesori nascosti del loro esordio. Annabel, per me la migliore, vive di una malinconia tagliente e sofferta di un ragazzo che si sente intrappolato in un corpo non suo: la storia di un giovane transgender, dalle tenui tinte musicali alla Kate Bush, è ispirata dal romanzo di Kathleen Winter, Annabel, ed è accompagnata da un efficace videoclip in bianco e nero, diretto da Lisa Gunning. Drew, il singolo apripista, mantiene intatte le creazioni acustiche, lasciando maggiore spazio a interventi orchestrali. Alvar, con il suo incedere e l’eterea voce di Alison, richiama, alla lontana, Teardrop dei Massive Attack, mentre Thea (con echi di Bat For Lashes), che si contamina con l’elettronica, è monotona e un po’ fuori fuoco. Simone unisce il loro classico stile sognante con un piano quasi jazz, per poi trasformarsi in un brano trip hop alla Portishead. Stranger e Clay sono due piccoli idilli bucolici, con archi a scandire una struttura scheletrica, che, specialmente nella seconda, si evolve in un incidere continuo e dinamico. Laurel è una meditazione al pianoforte, qualcosa che non ascoltavamo dal pathos di Horse Tears.
Tales Of Us, fortunatamente, ci riconsegna i Goldfrapp in una veste a loro maggiormente appropriata: è un album disinteressato al successo commerciale, poco orecchiabile, lontano dal pop, ma profondo, intangibile e pilastro della loro brillante carriera.
Label: Mute
Anno: 2013
Tracklist
01 – Jo
02 – Annabel
03 – Drew
04 – Ulla
05 – Alvar
06 – Thea
07 – Simone
08 – Stranger
09 – Laurel
10 – Clay
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