L’avventura di Capitan Confusione è fatta di ironia e leggerezza, di cantatine confidenziali e di pop che arriva da lontano. Così lontano, che è meglio non disturbarlo; piuttosto che scivolare sui riferimenti obbligati (certo, i Beatles, magari i Kinks, ma pure il melodramma mica solo operistico, quello di Rossini e di Rota, le poesie leggiucchiate al liceo e rivoltate come un calzino bucato, l’amore per le melodie che si fischiettano sotto la doccia e in motorino) è più piacevole e costruttivo lasciare che le storie dell’album viaggino felicemente da sole. Cosimo Messeri fa (quasi) tutto da sé, divagando fra uno strumento retroattivo e l’altro, stirando la voce e ridendoci su, ma non troppo. Di fronte alla confusione vera, il Capitano preferisce salire sul suo Transit per portarci lontano dalle superstrade del rock, avvicinandosi alla Carnaby Street degli anni Sessanta e ad altre stradine di casa nostra, stese fra una Roma rimpicciolita fino a scomparire in un paesello toscano, figlie di una psichedelia colorata e sottile, tutt’altro che tronfia. Cosimo Messeri racconta e canta, suona e diverte, senza dare scampo a chi lo vorrebbe inchiodare da qualche parte, in qualche zona precisa del mondo musicale. Mentre lo cerchi, sta già sfuggendo altrove. Alchimie e meraviglie assortite, pur di non farsi mai acciuffare.
set 18
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