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set 30

Agnes Obel – Aventine

Agnes Obel deve aver certamente sentito molte pressioni nel creare il suo secondo album, Aventine (titolo scelto solo per il suono armonioso, non per legami con l’Urbe): nessuno, infatti, avrebbe mai potuto prevedere l’incredibile successo che ha investito Philharmonics (2010). Multiplatino nella natia Danimarca, e successo in tutta Europa, soprattutto Francia e Belgio, il suo esordio era un bellissimo collage di melodie scarne, malinconiche, sorretto da pianoforte e pochissimo altro, a volte solo strumentali, qualcosa, insomma, ben lontano dai gusti del pubblico attuale. Aventine ricalca la formula del predecessore, lasciando maggiore spazio, questa volta, ad un violoncello che si fa ricorrente nella sezione centrale dell’album. Il caos degli ultimi diciotto mesi passati in tour in tutto il mondo non è trapelato nella sua musica, che rimane rarefatta, bucolica, sommessa. A metà strada tra i Goldfrapp e Ane Brun, e sotto l’evidente influenza della prima Tori Amos, Agnes Obel è un talento raro e sorprendente, che si muove tra il classico e il moderno, disegnando atmosfere autunnali e desolate di grande impatto.
Aventine si apre con uno splendido interludio strumentale, Chord Left, che rivela quanto la pianista guardi a compositori di prim’ordine come Satie, e, come nei successivi ritagli al pianoforte Tokka e Fivefold, sia in grado di suscitare emozioni potenti, sedendosi al suo strumento e lasciando che solo le note si indirizzino verso una composizione cupa e drammatica. Aventine è perfettamente riconducibile a Philharmonics nei suoi colori, ma ciò non vuol dire che ne rappresenti la copia: si percepisce meno immediatezza, ma più attenzione ai particolari. Un esempio è la perla Fuel To Fire, la Riverside di Aventine, in cui archi e pianoforte accompagnano la dolente voce della Obel. Dorian è delicata e impalpabile mentre nella title track dominano violoncelli e archi ed echi di Kate Bush, così come in Run Cried The Crawling, ancor più toccante nella sua scansione finale pianistica, o nel singolo The Curse. In Pass Them By compaiono delle chitarre acustiche e il tutto prende una piega a metà strada tra un madrigale e ciò che ci aspetteremmo da una pellicola di Peter Jackson. Words Are Dead e Smoke & Mirrors tornano alla centralità del pianoforte: la prima è catartica e distante, la seconda è un breve numero dai toni jazz che non dispiacerebbe a Nadine Shah né alla prima Norah Jones.
Le liriche della Obel, spesso oniriche e meditative, si sposano con arrangiamenti semplici ed eterei e interpretazioni sussurrate ed efficaci, rendendo Aventine una conferma del talento dell’interprete e una colonna sonora per tutti gli amanti dell’ottima musica. Di certo, uno dei migliori album di quest’anno.

Label: PIAS
Anno: 2013

Tracklist

01 – Chord Left
02 – Fuel to Fire
03 – Dorian
04 – Aventine
05 – Run Cried The Crawling
06 – Tokka
07 – The Curse
08 – Pass Them By
09 – Words Are Dead
10 – Fivefold
11 – Smoke & Mirrors

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