E per la terza volta – discograficamente parlando- l’onda meticcia degli aretini Kabìla – guidati sempre dalla voce del libanese Emad Shuman – si fa largo tra i paralleli sconfinati di un Mediterraneo senza frontiere, un insieme di etno-rock cantautorale che richiama echi, emozioni, sguardi tersi e profumi conturbanti di una terra globale che non conosce dogane, tracce che fanno invidia anche alla più fornita agenzia di viaggi che possa esistere.
Yallah! – che in arabo significa tribù – è un inno alle libertà, alle infinite primavere che agognano autodeterminazione umana e sociale, non un eclettismo modaiolo che si rifà alle esigenze del “comparire”, ma un vero e proprio manifesto di pace e fraternità tra i popoli, suoni, timbri esotismi e tradizione colorano l’ascolto mentre la frenesia di lasciarsi dondolare da queste melodie prende anima e cuore in ogni istante; dieci tracce cantate tra arabo e italiano che fanno parte della quotazione di questo bel lavoro sognante realizzato tramite Musicraiser, idiomi e accorgimenti, sensibilità e profonde culture si mischiano in un amplesso straordinario di polvere e mari sconfinati.
I Kabila, qui in una rimodulazione della line up che vede in entrata l’elettricità chitarristica di Gabriele “Cato” Polverini e il basso di Marco Chianucci oltre che alcune guest che si alternano qui e la nella scaletta, seguitano a rilasciare timbri d’oggi e tracce di un passato in una combinazione conciliante e di pregio, il loro è un trip costante che unisce, abbraccia e cresce insieme ai tempi che sfuggono ai conteggi, partoriscono quell’accesso d’ascolto in una potenzialità che vuole il seme dell’innocenza e lo sforzo spasmodico dell’essere tutti sullo stesso piedistallo finalmente senza divisori, e almeno nelle loro personalità musicali la cosa gli riesce, poi una speranza è innegabile anche se difficile da percorrere fino in fondo. Dopo l’ottima rivisitazione del brano dei grandi De Andrè e Mauro Pagani Sidùn, il disco si snoda sia in percorsi Med sia tra spiriti arabeggianti, un’ipnosi “mezzosangue” che vibra in Dabkè, nel dub luccicante Yallah!, poi la straordinarietà sognante di un pezzo di cielo grigio Due stelle nella quale interviene come una gemma miracolosa la voce del Burkinabè Gabin Dabirè e se poi ci includiamo le percussioni magiche palestinesi Shady Hasbun di Al di la del ponte, la malìa psichedelica di Confini per arrivare alla stretta di cuore di nome Volo di rondine, deliro, amore e presagio di un mondo sempre più quadrato che tondo, non si ha più voglia di ritornare alla base da cui tutto è partito, tutto a preso l’avvio.
I Kabìla sono tornati e con loro una speciale speranza e un bella strada da calpestare insieme, un disco veramente di pace e poesia tessuta – come sempre – di bello.
Label: Soffici Dischi
Anno: 2013
Tracklist
1. Dabkèh
2. Yallah (La lunga corsa)
3. Due stelle
4. Confini
5. L’ultimo grido
6. Ummì
7. Al di là del ponte
8. Strade di Beirut
9. Volo di rondine
10. Sidùm
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