Come già accaduto con i Disclosure e AlunaGeorge, anche le Haim hanno deciso di anticipare parte del loro album di debutto, Days Are Gone, lungo tutto il corso di quest’anno, in modo da creare un certo hype intorno al loro nome. Le tre sorelle californiane hanno, così, conquistato anche il premio BBC Sound of 2013, grazie al loro mix di funk, pop, indie, folk e influenze musicali che guardano agli Ottanta. Questo esordio conferma quanto di buono avevamo ascoltato grazie ai singoli: Days Are Gone è un lavoro solido, interessante, piacevole, il cui unico difetto può essere la troppa uniformità dei brani che lo compongono. C’è, infatti, il ripetersi di una formula comune fra le tracce, una sorta di folk-blues-pop, che rischia di appiattire un po’ il risultato finale, ma il talento delle tre riesce a tener viva l’attenzione e a creare un prodotto più che godibile e mai noioso. La passione e la gioia nel comporre sono percepibili dietro ogni singola nota e dettaglio curatissimo, grazie, anche, alla produzione di Ariel Rechtshaid (Usher, Charli XCX).
La terzina iniziale è già nota al pubblico: Falling è il perfetto incontro tra le melodie dei Fleetwood Mac, linee di basso e handclap, e arrangiamenti vocali più vicini all’R’n’b, grazie ad un chorus costruito su continui echi; Forever, leggero funk con venature black, è effervescente al punto giusto e, sfruttando una linea di basso alla St. Vincent unita al ritmo jacksoniano, apre la strada a The Wire, in cui a cantare è l’intero gruppo su un solare pop chitarristico, l’inconfondibile handclap e qualche inserto orchestrale nel finale. If I Could Change Your Mind è puro e semplice pop, memore delle girl band degli anni Novanta, anche nelle liriche, che si concentrano sul dolore della perdita di un amore: è uno dei pezzi più deboli dell’album. Honey & I, al contrario, è un ottimo brano a metà strada tra rock e blues, che vive di una certa urgenza, mentre il singolone Don’t Save Me, giocato su beat e sintetizzatori, è, nuovamente, una perfetta macchina pop, con un ritornello accattivante e ottime linee di basso. Days Are Gone, con la partecipazione alla scrittura di un altro astro nascente della musica, Jessie Ware, è interpretata solo da Alana Haim e non dalla frontwoman Danielle, e l’influsso della stella della disco soul inglese è evidente: funky, soul, dance e pop si uniscono su un stuolo di beat e synths. My Song 5, la più rock’n’roll dell’intera scaletta, con elementi di elettronica e rootsy, è arrabbiata al punto giusto: uno schiaffo contro uomini traditori e bugiardi. Go Slow, già presente nel loro Ep, rallenta i ritmi, e quel “the heat” ripetuto, quasi sussurrato, è una meraviglia: la forza di questa traccia è dettata dall’impasto vocale delle tre, data la semplicità della struttura musicale. Let Me Go è un altro dei momenti più riusciti: Danielle si appoggia inizialmente solo su un piccolo brusio distante, fino ad una continua evoluzione, prima con marimba, poi percussioni, fino a creare un blues da capogiro, che guarda all’ultima Feist. In chiusura Running When You Call My Name riassume discretamente tutto ciò che abbiamo ascoltato, senza aggiungere nulla di indimenticabile.
Days Are Gone conferma le ambizioni e il talento delle Haim, una band da tenere d’occhio nei prossimi anni.
Label: Polydor
Anno: 2013
Track list
01 – Falling
02 – Forever
03 – The Wire
04 – If I Could Change Your Mind
05 – Honey & I
06 – Don’t Save Me
07 – Days Are Gone
08 – My Song 5
09 – Go Slow
10 – Let Me Go
11 – Running If You Call My Name
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