Abbiamo avuto a che fare con i Battles tanto tempo fa, quando nel lontano 2008, sbarcarono a Roma, erano in 4 e folgorarono tutti i presenti. Nonostante fossero da apertura ai Gossip. Gli piacque vincere facile. Adesso che sono in 3, dopo l’abbandono di Tyondai Braxton, impegnato nel suo prossimo album solista, e devono affrontare la difficile prova della maturità, con il secondo album, le cose si iniziano a fare più complicate. Come il loro modo di fare. E di suonare. Per cui cosa c’è di meglio che chiamare un po’ di amici a raccolta per il nuovo Glass Drop, uscito per la Warp Records il mese scorso? Ed ecco apparire improvvisamente Matias Aguayo a metterci la faccia in Ice Cream, uno dei pezzi più riusciti dell’intero album. Ecco anche Gary Numan prestare voce alla nervosissima My Machines e, direttamente dai Blonde Redhead, Kazu Makino apparire nella scivolosa Sweetie & Shag. Non ci facciamo mancare nemmeno Yamantaka Eye dei Boredoms nella conclusiva e nipponica (vedi dopo) Sundome. Tutte collaborazioni di alto livello, che vengono integralmente riprodotte durante i live con i faccioni dei diretti interessati trasmessi sugli schermi, come abbiamo potuto apprezzare al Primavera Sound. Il fatto è che i pezzi migliori di Dave Konopka, Ian Williams e John Stanier sembrano essere proprio questi. Mentre il resto del disco, scevro delle collaborazioni citate, non riesce a suscitare le magiche atmosfere del precedente Mirrored, tanto acclamato quanto osannato da critica e pubblico diversi anni fa.
In Glass Drop mancano maledettamente quegli acuti come Atlas e Tonto che illuminavano la scena in Mirrored. La pur pregevole Wall street non riesce a reggere il confronto. Così come il disco, in definitiva, non riesce a rendere giustizia alla dimensione live, dove i Battles confermano una energicità e dinamismo che ce li ha fatti apprezzare ed a tratti esaltare al Primavera. Eppur si muove. Qualcosa di nuovo si sente. Regolari come un martello pneumatico, i Battles sembrano attratti da soluzioni e sonorità world music che spaziano dall’Upper West Side Soweto dei Vampire Weekend (vedi le convulsioni iniziali di Africastle appunto) agli intermezzi caraibici di Dominican Fade. Il math rock incontra la world music rivelando la vera natura sperimentale del progetto Battles. Ma sono contaminazioni centellinate con parsimonia. Piccole gocce di lucentezza che bastano per la sufficienza ma non per la lode.
lug 02
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