Più specifico di de la crudel e pieno di graditudine, tormento ed euforia.
Asa nisi masa, immancabilmente per la Seamount productions, riesce a colpire dove nulla più, trattandosi del genio che simula storia anche prima di varcarne una fantomatica soglia. Collettivo Ginsberg prosegue un sentiero che dalla psichedelia arriva dritto dritto alla contrappuntistica, dai lamenti giunge ai ruggiti senza timore di svelarsi irragionevole. Rende vivo il clima di tutto il prodotto un elastico drop out pieno di indeterminati e rarefazione dove il teatro si commisura all’arte dell’immaginazione, l’allusione è ispessita dal caos e la sorte libera un ordine irrequieto. Non c’è regola aritmetica che ritrovi postulato, ma il poco chiaro è se tutto questo appartenga ai testi di Fanti o alla schiettezza timbrica. Nel giorno dopo di dio l’affabulazione mistica manda alle ortiche ogni sforzo da poetica spicciola per dare spazio al rumore come intimo distico senza iato, trance straniante senza sosta. Ma da questo climax che potrebbe non voler dire niente o forse è una costante che delimita il nero dal blu, non se ne desume un valore decorativo bensì frana in una lirica mesmerica, dove suggestione e flash mob si intrecciano tra rivoli e zufoli. Io non ho mani, nella sua astrazione che esonda, sembra implorare un silenzio definitivo e forse siamo vicini ad una fisiognomica dei sensi, ad una genealogia degli apostoli – Area, Confusional Quartet, Foucault, Cioran, Franti? – . Ma se di filastrocche ci si deve obnubilare, se è la pantomima di una poetica la traccia nascosta di questo album allora non capisco l’irruenza pasoliniana di Pap morte, di PPP che travalica gli appennini, spia nelle case degli infedeli e puzza di verità. Non capisco un manifesto come quindici secoli, un’aria contaminata, che infetta una gamba con l’altra ancora sana e segna il volto senza paratia, come in un quadro di Fontana gremito di spazialità sopraffina. Ma rieccola l’accesa uscita di quel sentiero paludoso: l’artiglio dà un colpo al cuore dove le altezze del piano si confondono con i colori che si avvitano in una monodia donando all’anafora felliniana un candore irrequieto. Il Collettivo affronta un’ombra dal gesto assai più veloce, non mitiga le apparenze e si infila dietro quella storia, una tempo tutta padana ora tutta europea, che adesso è sul limite dell’enciclopedico. Lo so, si finisce – come spesso accade di notare su ciò che ci sembra di possedere, ma che poi sfugge alle nostre intenzioni – per essere attratti dai significanti dei testi, dall’alea proteiforme e suggestiva. Parametri che sono coscritti e imperativi, follia figurativa e astrazione non rappresentativa, Botero e Mondrian in un urlo unico, butterato reality e limitata assurdità. Il motivo di tutto questo chiedetelo a quell’arteria che non smette di pompare avvisi di fulgida elegia targata Christian Fanti.
Anno.2013
Label. Seamount productions
Tracklist
1. Come quando fuori piove
2. Canto erotico primitivo
3. Nel giorno dopo di dio
4. Io non ho mani
5. L’artiglio
6. Ho cercato i tuoi occhi
7. Pap morte
8. Il cavallo di Torino
9. Salmo
10. Quindici secoli
11. PPP
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