Disco dove i punti cardinali sono un optional per vanesi “ascoltatori” di frivolezze certificate. Loro – il trio degli Hobocombo con questo secondo lavoro discografico Moondog Mask – spaziano in un cosmo tutto loro o meglio dettato dalle influenze pittate in tecnicolor dell’artista americano Louis Thomas Hardin al secolo Moondog, un disco di purezze contaminate ed evocazioni exotiche che strappano l’ascolto oltre, ma ben oltre. i meridiani e i paralleli dell’immaginazione. Minimalismo, tribal, jungle sound, funk tirati per le corde e ritmi africani su e giù sono le febbricitanti espressioni che il lotto composto da undici tracce elargisce e mette a disposizione di una sensibilità free, un simbolismo colto e stravagante che si fa largo tra i woofer con una personalità a dir poco delirante, la dove il deliro poi non è altro che la realtà del frenetismo urbano. Trombe con la sordina, pelli, brass, echi altolocati, sensazioni calde e calori di pelle nera contorcono e fanno vibrare l’orecchio come in una costante avventura dentro un eterno e miracoloso ciclo sonoro, un “ascendere senza posa” tra istinti culturali d’ogni tipo e sintetismi folkloristici di menti e tribù radicalmente vivi; gli Hobocombo – Rocco Marchi voce, chitarra e synt, Andrea Belfi voce, batteria e Francesca Baccolini voce e contrabbasso, creano atmosfere senza frontiere, scavano tra singulti effettati e palpitazioni sanguigne i suoni e le movenze di un mondo capovolto ma sempre sull’asse della differenze sostenibili, un patckwork di suoni, rumori, idiomi e profumi che s’imbevono sulla pelle e che lasciano un bel lasso di tempo prima di staccarsi di dosso.
Un viaggio dalle mille direttrici, e l’obiettivo di non essere mai uguale è raggiunto in ogni angolo della tracklist, tracce-mappe che, senza farti fare un millimetro che si possa chiamare millimetro, “ti recapitano” tra pive e salterelli del Sud in Theme & Variations, giade opalescenti in East Timor, bussi e respiri gelati in Baltic Dance o nei bofonchii di un contrabbasso che fa spola tra rock e etno-jazz col sangue bolero in To a sea Horse, un piccolo mappamondo angolare che fa la sua porca figura, la sua strabordante e misteriosa caratura.
Non un buon ascolto, ma un buon viaggio senza biglietto o tasse da includere.
Label: Trovarobato/Tannen
Anno: 2013
Tracklist:
1. Theme & variations
2. Desert boogaloo
3. East Timor
4. Utsu
5. Canon #6 (Adagietto)
6. Canon #18 (Vivace)
7. Baltic dance
8. Response
9. The old Serge ad the flutes
10. To a sea horse
11. Five reason
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