Beyoncé, quinto omonimo album della diva della scena black attuale, è la sorpresa finale di questo 2013: sono mesi, infatti, che si susseguono voci su questo progetto ma nessuno si sarebbe aspettato che l’ex Destiny’s Child lo avrebbe pubblicato nel totale silenzio. Nessun singolo, nessun annuncio, né pubblicità: questa politica commerciale “povera” – già seguita, in parte, da Kanye West per il suo Yeezus – sembra aver dato, però, i suoi frutti: infatti, in soli tre giorni e sulla sola piattaforma I-Tunes, l’album è arrivato al numero uno delle classifiche di più di 100 paesi e ha venduto, soltanto negli Stati Uniti, più di 600.000 copie, riuscendo, non solo dove tutte le altre artiste pop hanno fallito, ma anche segnando l’esordio più alto della sua carriera. Beyoncé ha concepito questa sua nuova fatica come un “visual album”: 14 brani nuovi di zecca accompagnati da 17 videoclip (tra cui la non proprio esaltante bonus track Grown Woman, già ascoltata nello spot della Pepsi ad inizio anno) che annoverano famosi registi, come Terry Richardson, Jonas Åkerlund, Hype Williams e Jack Nava. 4 (2011), nonostante fosse un prodotto maturo e ben riuscito, si era rivelato il suo più grande insuccesso commerciale, complice anche la prima gravidanza che le aveva impedito alcun tipo di promozione. Si temeva, dunque, un ritorno alle atmosfere più poppeggianti di I Am… Sasha Fierce (2008), che per fortuna, non sono in alcun modo presenti: Beyoncé è infatti un interessantissimo esperimento musicale, che coniuga r’n’b, hip hop, pop, funk, e che segna un ennesimo punto a favore della sua discografia. Si susseguono un’infinita serie di richiami e influenze, ma la giovane texana riesce sempre a far proprio ogni suo brano, grazie anche alle impeccabili interpretazioni e a quella voce, che in poche, oggi, possono vantare. Un altro elemento che emerge chiaramente è la spiccata sensualità delle liriche e di alcuni beat: il sesso diviene argomento preponderante, come un R Kelly o un Usher in gonnella.
Beyoncé si apre con Pretty Hurts, una denuncia della ricerca della bellezza a tutti i costi incarnata nella significativa frase “It’s my soul that needs surgery”, scritta con Sia Furler: si tratta di una midtempo pop intensa, ricca di sintetizzatori e da un ritornello arioso. In Haunted – preceduta da un interlude, Ghost, in cui con voce robotizzata e lo stile di una Janelle Monae scimmiotta le labels – rivive la Madonna di Erotica e Justify My Love con il suo recitato sexy: sorretta da un beat che ricorda alla lontana Bat For Lashes, è una delle perle di questo album. Drunk In Love è un duetto super sensuale con il marito Jay-Z su un beat hip hop dalle spezie orientali, in cui Beyoncé si lascia andare a un rap simil Rihanna, mentre Blow, con la produzione di Pharrell e Timbaland, è una funky disco che guarda alla sorellina Solange, con echi vocali simili a Kitty Kat e Green Light, sul cunnilingus. No Angel, composta con Caroline Polachek, frontwoman del duo Chairlift, è una slow jam da camera da letto, a metà strada tra The Dream e Trading Places di Usher, dove la Knowles fa la differenza con un falsetto impeccabile. Partition – preceduta dal breve interlude Yoncé, dalle tinte dirty south alla Ciara – è sesso allo stato puro: liriche provocanti (Oh he so horny, he want to fuck/He bucked all my buttons, he ripped my blouse/He Monica Lewinsky’d all over my gown) si accompagnano ad una produzione di Timbaland, che omaggia l’r’n’b degli anni Novanta (Missy Elliott, Aaliyah), e a provocanti dettati francesi. Jealous è una sbiadita copia di Lana Del Rey nel beat, mentre la successiva Rocket è, di nuovo, una sexy ballata r’n’b scritta con Justin Timberlake e dagli echi princiani. Mine, in collaborazione con Drake, risente delle influenze musicali e interpretative del rapper canadese e del produttore Noah “40” Shebib: si tratta di uno dei brani migliori dell’intera discografia di Beyoncé, con un prologo al pianoforte e le sue atmosfere sospese. XO incarna il pop più orecchiabile: la produzione di Ryan Tedder regala una Halo parte seconda, più ritmata ma meno passionale del famoso singolo, seppur sempre godibile. ***Flawless è puro dirty south, una dichiarazione di superiorità e una celebrazione femminista, grazie anche al recitato di Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana di Ibisco Viola: è un’opera hip hop che unisce lo stile di Diva, sprazzi di Rihanna, swagger e le sapienti mani di Hit-Boy dietro al mixer. La collaborazione con il soulman Frank Ocean e Pharrell si traduce nella splendida perla soul cinematografica di Superpower, che rallenta i ritmi per la chiusura dell’album: Heaven è una romantica ballata al pianoforte, mente Blue, lontana da tutti i cliché di brani legati alla maternità, è un’appassionata dedica d’amore.
Beyoncé è un’ottima prova, sia visiva (il video di Haunted con influenze di Madonna, Shining e American Horror Story o l’artistico videoclip di Mine) sia musicale (una lode va allo sconosciuto produttore Boots) e riconferma lo stato di grazia di Beyoncé negli ultimi anni e il suo indiscutibile talento rispetto a tutte le altre divette della pop music.
Label: Columbia Records
Anno: 2013
Tracklist
01 – Pretty Hurts
02 – Haunted
03 – Drunk In Love (feat. Jay Z)
04 – Blow
05 – No Angel
06 – Partition
07 – Jealous
08 – Rocket
09 – Mine (feat. Drake)
10 – XO
11 – Flawless (feat. Chimamanda Ngozi Adichie)
12 – Superpower (feat. Frank Ocean)
13 – Heaven
14 – Blue (feat. Blue Ivy)
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