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feb 24

St. Vincent – St. Vincent

Fortunatamente ci sono ancora artiste come la giovane Annie Clark, che arrivata già al suo quarto album, continua a rischiare e a sperimentare con la sua musica: questa omonimo ultima fatica è la perfetta continuazione e fusione dei due sforzi precedenti, Strange Mercy (2011), che grazie ai singoli Cruel e Cheerleader, l’ha imposta al grande pubblico, e Love This Giant (2012), scritto a quattro mani con David Byrne, la cui influenza si sente fortissima nell’impasto di fiati ed elettronica del singolo Digital Witness, brano ironico sulla mania di registrare qualsiasi evento delle nostre vite sui social network. La Clark deforma la struttura tradizionale del beat, con chitarre distorte – suo autentico marchio di fabbrica, “copiato” dall’ultima Anna Calvi – sintetizzatori allucinati e groove irrefrenabili. Prodotto insieme al fido collaboratore John Congleton, St. Vincent è lo strumento chiave per comprendere la genialità di questa polistrumentista di Austin, collaboratrice, in passato, di una pletora di artisti tra cui Sufjan Stevens e Bon Iver. L’album è una corsa senza fiato verso l’innovazione, il sensazionale (“un party album che si può suonare a un funerale”, come lo ha definito lei stessa): qualcosa che oggigiorno avviene molto raramente. Oltre ad essere oggettivamente un album in cui tutto funziona alla perfezione e dove la forma non soffoca l’emozione, St. Vincent va amato anche per il suo rischio, la sua controtendenza, la voglia di voler rompere con tutto ciò che è ordinario, elemento caratteristico dell’ispirazione di questa sfrontata e ambiziosa musicista.
L’iniziale Rattlesnake è ispirata a una storia vera: la Clarke camminò nuda, tranne per gli stivali, in un ranch nel SouthWest americano fino a che non udì il sibilo di un serpente e si mise a correre pensando di essere inseguita. Quest’esperienza si tramuta musicalmente in un funk sintetico alla Prince, con largo uso di sintetizzatori e chitarre elettroniche. Aspetto presente anche nella successiva Birth In Reverse, caratterizzata da un incipit lirico di culto (Oh what an ordinary day/Take out the garbage, masturbate): si tratta di una marcetta pop rock, che conserva quell’impasto musicale su cui ormai è suggellato il timbro “St. Vincent”.  Prince Johnny è la ballata che ci riavvicina alle atmosfere del precedente Strange Mercy: una lettera d’amore con tinte elettroniche e quasi angeliche prima dell’avvento del riff di chitarra. Huey Newton, sul fondatore del movimento rivoluzionario afroamericano delle Pantere Nere, si apre leggiadra, grazie anche all’interpretazione vocale delicata, per poi evolversi, nella seconda parte, in un sintetico funk rock, con larghissimo uso di synths. Ottima scelta per il singolo Digital Witness, marcetta funky soul costruita su fiati e Talking Heads, mentre la ballatona I Prefer Your Love è una vera e propria sorpresa, incredibilmente piacevole: dalle liriche (I prefer your love to Jesus) all’interpretazione smaccatamente pop alla Madonna al sapiente uso di archi e sintetizzatori, che ricorda la Sinead O’ Connor di Nothing Compares 2 U. Regret mostra tutto il talento da strumentista della Clark, con un muro di chitarre abrasive e trattate che ricorda alcuni esempi di Actor, soprattutto per le sfumature favolistiche da film Disney. Bring Me Your Loves è una schizofrenica marcetta rock sintetica, quasi uno scioglilingua verbale; Psychopath è tutta giocata su una ritmica incalzante che frulla chitarre acustiche ed elettriche, tastiere, sintetizzatori, un chorus pop da urlo e un riff distorto. Every Tear Disappears si immerge in dinamiche dance elettroniche non proprio a fuoco, ma, al contrario, la conclusiva Severed Crossed Fingers emoziona con la sua struttura romantica e magniloquente.
All’uscita di Strange Mercy, accolto da critiche entusiaste, l’artista aveva affermato che c’era ancora molto da sperimentare e che sarebbe stata in grado di creare un album migliore. St. Vincent non fa altro che confermare questo: Annie Clark può guardare con sicurezza dall’alto del suo trono (dell’artwork) tutte le altre concorrenti.

Label: Loma Vista – Caroline/Universal
Genere: Indie Pop
Anno: 2014

Tracklist

01 – Rattlesnake
02 – Birth in Reverse
03 – Prince Johnny
04 – Huey Newton
05 – Digital Witness
06 – I Prefer Your Love
07 – Regret
08 – Bring Me Your Loves
09 – Psychopath
10 – Every Tear Disappears
11 – Severed Crossed Fingers

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