E’ una delle poche volte che arrivo ad un concerto prima dell’apertura dei cancelli, sono le 21:15 circa e davanti all’Estragon di Bologna ci sono già un bel pò di ragazzi e ragazze fuori che aspettano di entrare ingannando il tempo arricchendo il piadinaro a lato del locale. Mi accodo è c’è già ebrezza nell’aria, i ragazzi dietro a me (che scopro venire da Arezzo per l’occasione) attaccano bottone con una ragazza che cerca di indovinare i loro nomi. Fortunatamente si aprono le porte e mi allontano da questo siparietto, prendo una birra e in poco tempo il locale inizia a riempirsi, faccio due chiacchere con gli amici djs del Bologna Underground Movement che metteranno dischi dopo il concerto, ed è già tempo per 5 beatboxer locali che si fanno chiamare Bologna Nel Posto per scaldare un po’ gli animi dell’Estragon; segue poi Dhap che in una mezzoretta rincara la dose slegando beat davvero di ottima fattura che mi fanno pensare a come possa risultare gola e cavo orale dopo una performance del genere. Arrivano presto le 23, il locale si riempie più delle mie personali aspettative, e sale sul palco l’australiano Benjamin Stanford, pronto per presentare alcuni brani dal suo nuovo album Theory Of Harmony: inizia con la bonus track del suo nuovo album appunto, è sporco, commette subito un errorino ma ripiega con ironia, coinvolge il pubblico con un italiano divertente, scalda l’atmosfera e introduce i suoi compari, Cade che lo supporta come MC ed agli scratch, e un eccezionale tastierista e sassofonista che integra a pieno la performance. I primi brani sono gli ultimi del suo album, con Don’t Give Up le vibrazioni del reggae accomunano il pubblico in un unico organismo danzante ed in pace col mondo, in completa sintonia con gli artisti; a seguire le canzoni più moderate, in una scaletta studiata ad hoc per coinvolgere un po’ alla volta, dove le ritmiche sono tutte create dalla bocca di Dub FX, amalgamate ed impreziosite grazie al supporto dei due soci sul palco. La prima metà del concerto scorre in maniera davvero gradevole, in un paio di minuti circa quattro persone diverse mi chiedono l’accendino (e durante poi il momento “put your lighters up” invocato dallo stesso Dub FX mi viene un po’ da sorridere), c’è coinvolgimento, spesso Benjamin chiede se da fuori “si sente bene”, che a mente fredda mi interrogo se avesse veramente voluto chiedere ciò o se intendesse “state bene?”, insomma fino a Bass Line è un concerto dove si ondeggia sui ritmi reggae, dub, hip hop, e lo stesso Dub FX ci racconta in maniera un po’ lecchina che “stasera è più bello di Roma, qui c’è più festa”. Il tutto è un perfetto riscaldamento per la seconda metà del concerto, una slegnata di pura drum’n'bass senza interruzioni che fa davvero scatenare l’eterogeneo pubblico accorso; mi stupisco nel vedere più di una persona cantarsi correttamente le canzoni (e non sbiascicando un inglese alla maniera della supercazzola come faccio io solitamente), la gente balla, esulta si diverte e emana energia, un’energia che viene raccolta sul palco e ritrasformata in musica e buone vibrazioni. Mentre mi annoto tutte queste cose sul cellulare, sento che Benjamin vuole provare un esperimento, ma non gli presto troppo ascolto; quando risollevo gli occhi dal cellulare mi accorgo di essere rimasto uno dei pochi in piedi, mentre tutto il pubblico è accovacciato per prepararsi a quell’ormai classico salto a fine pausa del brano. Mi accascio rendendomi conto che non ho più vent’anni (e nemmeno quelli che mi stanno a fianco, che si lamentano di aver fatto 8 ore in officina prima di essere al concerto), ma partecipo più che volentieri perchè è un esempio di come Dub FX crea le sue relazioni con il suo pubblico, poichè è lui stesso un po’ frutto delle persone che lo seguono e che l’hanno supportato sin dall’inizio tramite le migliaia di visualizzazioni dei suoi video e conseguentemente l’acquisto dei suoi cd durante le sue performance da artista di strada. Dopo meno di due ore, il trio si ritira ma il pubblico ne vuole ancora, ed infatti poco dopo rientra Benjamin in solitudine e con altri tre pezzi ci dà la conferma delle sue capacità tecniche come beatboxer ed MC, dell’estro e della fantasia nell’intrecciare ritmiche dub con strutture drum’n'bass, flow vocali che si rifanno alla tradizione reggae contestualizzate con l’hip hop più contemporaneo, il tutto supportato da una splendida voce che non incappa mai in nessun difetto durante tutta la performance. L’australiano saluta i suoi fan dicendo di spostarsi al banchetto del merchandising, ed in effetti dopo neanche dieci minuti i tre son tutti lì a sbracciarsi nel vendere cd e t-shirt, mentre Dub FX si concede ad autografi e fotografie, sempre con il sorriso e abbracciando la gente, cercando un vero e proprio contatto con il suo pubblico, mentre nel frattempo Kappasaur e Ninjoh iniziano un djset di pura jungle e drum’n'bass che non fa assolutamente scappare il gran numero di persone accorso per l’australiano (a tal punto che riconosco la tipa che cercava di indovinare i nomi dei ragazzi ad inizio serata, che tenta di scalare la console arrampicandosi sulle casse). Insomma un gran bel concerto, sia per quanto riguarda la musica sia per il coinvolgimento con il pubblico, frutto di un’energia che non trovavo da tempo e che è intrinseca in questo artista, poichè è proprio la storia di Benjamin che insegna che grazie al supporto dei propri fan si può percorrere molta strada… e speriamo che la storia della musica venga lastricata da tanti altri esempi del genere.
feb 23
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