Dopo averli visti ormai parecchio tempo fa nella mia città nell’ambito del festival Ferrara Sotto le Stelle, e successivamente a Berlino nella prima edizione del Berlin Festival, mi riaccingo a confermare il detto “non c’è due senza tre” con questo quintetto britannico, che con le ultime produzioni in studio non mi aveva troppo entusiasmato a dir la verità, ma avendoli già vissuti nella dimensione live ero certo di andare sul sicuro nell’assistere ad un gran concerto.
Arrivo con amici nella zona dell’Unipol Arena attorno alle 20:15, ci accoglie una pioggerellina fastidiosa mentre sentiamo già un rombo di chitarre provenire dal grande palazzetto, ma nulla di preoccupante, solo il gruppo spalla che a malincuore ci perdiamo; entro infatti nell’arena durante il cambio palco, c’è tempo per una sosta toilette, una birrona, ed un saluto ad altri amici. Cercando posizione e trovandola a fianco della zona mixer del fonico (o meglio, della fonica, se si può dire), dò un’occhiata attenta al pubblico che popola il palazzetto, accorgendomi che l’età media è attorno ai trenta, un pubblico adulto insomma, di cui fa parte anche un mio compagno delle medie che non vedevo da millenni e che mai avrei pensato di vedere lì, e anche due compagni di liceo. Probabilmente altri compagni di classe delle elementari e compagni dell’università sono seduti sugli spalti pieni, non me ne preoccupo troppo e attendo l’inizio del concerto con qualche crampo allo stomaco a causa di una cena rimandata a tarda notte: e puntuali alle 21 e pochi minuti le luci sulla platea si spengono dando il cambio a riflettori blu che illuminano il maestoso palco allestito per l’occasione, contornato ai lati da due grandi schermi che proiettano immagini del live, sapientemente orchestrate da una regia dedicata a rafforzare una performance che si rivelerà a dir poco magnifica. Quasi un’ora e tre quarti di emozioni, generate prevalentemente dalla voce immensa di Tom Smith e dal suo gesticolare interpretando ogni brano, il suo protendersi verso il pubblico delle prime file, il suo essere davvero leader di una band che diciamoci la verità, senza questo incredibile cantante avrebbe molto meno da dire. Si alternano brani dell’ultimo album ma anche dei precedenti, una scaletta ineccepibile che personalmente mi regala brividi coi gli estratti di An End Has Start: The Racing Rats con la sua cascata di schegge infuocate e la lacrimuccia che mi scende con Smokers Outside The Hospital Doors valgono per me tutto il concerto. Grande resa anche per Tons Of Love che dal vivo incendia il pubblico accorso e dà una scossa rispetto ai brani più pacati, ma nel complesso i cinque inglesi riescono ad essere musicalmente ineccepibili, creatori di uno spettacolo ottimo supportato, oltre alle due cascate di scintille, anche da quattro sparafiamme di fronte al palco e ad un turbinio di coriandoli che hanno innevato l’intero palazzetto sulle note di Honesty. Il tempo passa in fretta, l’encore ci regala una tripletta di pezzi che si chiude con un brano che inizialmente pensavo manco facessero, la forse un po’ amata\odiata Papillon, un pezzo di transizione che ha aperto la strada all’inserimento di elettronica all’interno di una tradizione prettamente rock del gruppo britannico; il riff è accattivante e funziona da subito sul pubblico, anche se dentro di me penso che chiudere un concerto così emozionante con un brano un po’ asettico come quello potesse rappresentare una caduta di stile, ma invece nel suo protrarsi in oltre sette minuti di crescendo incredibile si rivela la perfetta chiusura di uno spettacolo perfetto. Lunga vita allora agli Editors, che riescono a rimanere contemporanei intrecciando sonorità elettroniche, perpetuando una formula live ormai consolidata, inserendo qualche effetto speciale che non guasta, soddisfacendo un mare di persone che vi adora sia quando fate venire la pelle d’oca con i brani più datati, sia quando fate saltare ed emozionare con i lavori più recenti.
Commenti Recenti