Ormai volente o nolente, un po’ anche perchè bazzica spesso dalle mie parti per questioni universitarie e non, mi sono imbattuto ormai un bel pò di volte in Godblesscomputers; la prima occasione fu per una condivisione dello stesso palco, dove lui proponeva uno dei suoi primi live, al quale rimasi veramente colpito dalla bravura e dalla freschezza di questo progetto, niente di estremamente innovativo ma di sicuro impatto per la genuinità con cui questo giovane e amabilissimo personaggio propone il suo sound e concretizza le sue idee musicali. Successivamente lo incontrai ad un djset nel quale mi sorprendeva proponendomi una conoscenza musicale davvero raffinata che sfiorava l’elettronica a lui più vicina, con la nu-disco e parentesi di radice più hip-hop, radice dalla quale proviene a causa della lunga collaborazione con Il Lato Oscuro Della Costa. In seguito altre due performance live, l’ultima qualche settimana fa da Zuni, locale dai connotati molto particolari a Ferrara, dove mi ha davvero meravigliato deliziando il pubblico con l’anteprima di questo suo disco: Veleno è un piccolo manifesto di questo artista, poche tracce (questa forse l’unica pecca) che si incastonano in quella parte del cervello dell’ascoltatore, si innestano e difficilmente ne escono. Tralasciando tutta la parte metaforica del titolo di quest’album, di cui l’unico aspetto interessante che riesco ad evidenziarne è l’uso della lingua italiana, mentre tutti i brani hanno titoli in inglese, trovo nel complesso una coerenza non indifferente, davvero difficile da realizzare al giorno d’oggi: il suono di Godblesscomputers è il suono di Godblesscomputers, riconoscibile, gradevole, mai pesante, bilanciato, fresco, innovativo senza essere pretenzioso, libero. Le sette tracce che compongono questo lavoro si snocciolano in maniera semplice lungo la sua interezza, e come già accennato non c’è bisogno di aggrapparsi a metafore particolari, ad espedienti linguistici tanto cari ad altri recensori dal palato indie: questo è semplicemente un gran lavoro, ricco e prezioso, l’ennesimo esempio che nel nostro paese c’è ancora chi produce manufatti musicali di grandissima fattura (d’altra parte il lato “artigiano” del popolo italiano si è sempre fatto valere), che spesso noi in primis non riusciamo a valorizzare nella giusta maniera. Siamo di fronte ad un’elettronica moderna (o meglio, post-moderna), tutt’altro che fredda ma trabordante di emozioni, che si percepiscono dal sapiente uso dei campioni vocali e dai tappeti melodici che Lorenzo riesce a srotolare su ritmiche d’appoggio che rendono ogni brano più coeso, più autentico. Trapela una enorme sensibilità nella ricerca di ogni singolo suono, con una piccola propensione orientale ed una consapevolezza europea nella struttura dei brani, un’ottica cosmopolita, naturale ed efficace. Traduzione? Un disco che non vedo l’ora di possedere in vinile, un disco che può accompagnare amplessi amorosi, un disco che è già la terza volta che gira in loop mentre scrivo queste parole e non mi ha ancora stancato, un disco che consiglio caldamente. E la prossima volta che Lorenzo bazzica da queste parti, non posso fare altro che stringergli la mano e offrirgli una birra media.
Anno: 2014
Genere: elettronica
Etichetta: Fresh Yo! & White Forest
Tracklist:
1. What we’ve lost
2. Icry
3. Nothing to me
4. Seventh floor
5. Collapse
6. Yuan
7. Orange
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