Camaleontica, in costante mutazione stilistica e caratteriale, biglia da flipper riappare la bella cantautrice irlandese Wallis Bird al seguito del suo quarto album, Architect, una direttrice sonica come sempre all’asciutto da compromessi e tanto meno mode da inanellare, la sua è pura e dissonante poetica che si inserisce sempre in percorsi personalissimi, in comparti dalla leggiadra femminilità libera.
Ed è un disco di rinascita per l’artista, una suggestione calligrafica che rimonta stati d’animo e scaccia le falle di una vita poco dietro, tracce e nuove visioni che da frammentarie si ricompongono a vita nuova, e la forza di questa ritrovata piena creatività la si avverte in questo “gettarsi a capofitto” tra musica e parole, concetti e linee vivaci, multi sfaccettate un cantos solitario che in dieci brani dipinge scenari e brividi filtrati in un’irrequietezza dolciastra che piace alla faccia di tutto. Un ping pong di Ani DiFranco in Hammering e di Sandra Nasic in Girls che dondola a cavallo di impertinenza e free-form, una – appunto architettura – in cui l’artista disegna, modula, schizza e imprime una istintività gustosa della sua esistenza. Spirito punk, pop, elettronica, sperimentazione e rock sono i segni messi ad arroventare questo ascolto, quasi, ma diciamo è, un concentrato, una moltitudine di timbriche che nelle ambizioni soul-spacey di I can be your man, nelle battiture pop-rock di Daze o tra la fitta confidenzialità acustica di River of paper ha i suoi rubini intonsi, le sue nuovi ali abilitate al volo.
Rispetto ai precedenti suoni potrebbe sembrare veicolo per bocche storte o delusioni a manciate, se preso però dal verso giusto – cioè a testa all’ingiù come del resto è la natura di Wallis Bird – è semplicemente un bel ritorno.
Label: Family Affair/Birds Records
Anno: 2014
Genere: Indie Pop
Tracklist:
1. Hardly hardly
2. I can be your man
3. Daze
4. Holding a light
5. The cards
6. Girls
7. Communion
8. Gloria
9. Hammering
10. River of paper
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