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lug 01

Joe Bonamassa: così non si fa.

Joe Bonamassa

Joe Bonamassa

a cura di Francesco Bonistalli

È bello, è sempre bello uscire di casa con la consapevolezza di andare a vedere un bel concerto, magari anche di fare qualche fotografia da poter rivedere il giorno dopo. Si ha una sensazione di fierezza, come se si stesse facendo una buon’azione, anche se solo per noi stessi e per il nostro amore per la musica. Si è contenti almeno fino a quando non ci si sente dire: “Joe Bonamassa stasera non disidera fotografi in sala”. Credevo di aver capito male, invece non solo mi ero fatto diversi chilometri per arrivare al Teatro Comunale di Firenze, ma dovevo pure tornarmene a casa con l’amaro in bocca, perché le mie aspettative per la serata si erano infrante contro le otto parole della incolpevole e imbarazzata signora al di là del bancone della biglietteria.
Vorrei dirla io adesso qualche parola, ma al Signor Bonamassa. Lei ha suonato al Teatro Comunale di Firenze e in molti altri prestigiosi posti nel resto del mondo soprattutto grazie al suo talento – su questo non ci piove – ma anche per la professionalità di molte persone che hanno raccontato quanto lei sia abile con la chitarra (cosa che penso tutt’ora e continuerò a pensarlo), altrimenti forse non si sarebbe mosso da Utica. Senza qualcuno che diffonda con le parole la sua musica non ci sarebbe il suo nome suoi manifesti e forse nemmeno la sua pagina Facebook ci sarebbe, o magari si, ma forse avrebbe soltanto qualche centinaio di seguaci, tutti probabilmente provenienti dalla Contea di Oneida nello Stato di New York. Non dico che sia un sistema giusto, che premia i migliori (nel suo caso ha funzionato benissimo), ma senz’altro un talento per “farsi notare” deve raggiungere il pubblico, e per farlo deve passare attraverso coloro che col pubblico ci parlano tutti i giorni.
Ora, premesso che sicuramente questo articolo non avrà una grande risonanza (non siamo Repubblica), ma era giusto parlarne. È anche giusto che un artista del suo calibro voglia, una volta ogni tanto, avere un contatto più intimo col proprio pubblico. Ci sta, ma basta non dirlo un attimo prima che inizi il concerto. Molte persone hanno altro da fare che fare i viaggi a vuoto.
Vorrei aggiungere un’ultima cosa. Al concerto dei Rolling Stones al Circo Massimo lo scorso 22 giugno c’erano 70 mila persone e parecchi pass-photo al collo di diversi fotografi. Ci rifletta su.

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