Di nuovo lontano, verso paesaggi strumentali saturi e rigonfi di vibrazioni negative. Sono i Montezuma, band postqualcosa da Pesaro che presenta il suo nuovo album, uscito a maggio scorso per I Dischi Dell’Apocalisse, Dicks And Decks, OnlyFuckingNoise Records, Mukkake Agency. Un lavoro imponente e molto complesso, fatto di 7 tracce. Quella più corta non scende sotto i 4 minuti, mentre quella più lunga arriva a superare i 12. Ci vuole tempo insomma, per ascoltarli e per assimilarli. Ma di certo dopo averlo fatto se ne esce più forti e preparati alle intemperie autunnali. La produzione è eccellente, merito del lavoro dello Studio Waves di Pesaro e del master dello Studio 73 di Ravenna. E scommettiamo che Lorenzo Guccini e Carlo Uguccioni (chitarre), Alessandro Arbergamo (basso) e Andrea Panicali (batteria) si sono divertiti molto nel registrare questi 50 minuti di apocalisse sonora. O meglio, di punk dell’apocalisse. Denso di riverberi incredibilmente stoner ne L’alba di Marrakech, ma che segue in generale un tragitto evidentemente post rock. Fatto di Mogwai, Explosion in the sky e tanta altra roba. Senza disdegnare comunque di far salire qualcuno che fa l’autostop a bordo strada con il pollice alzato. Che si tratti dei Sonic Youth di inizio millennio nelle frequenti deviazioni noise (vedi la parte centrale di Quattro o la finale Il Codice di Dresda), oppure qualche freak che ama la psichedelia rumorosa e vuole raggiungere le stelle per brillare insieme ad una Supernova. Arrangiamenti e tempi rasentano la perfezione in molte parti del disco (La Foresta Imbalsamata ne è un mirabile esempio), aggiungendo spesso ulteriori livelli proprio quando si inizia a pensare che di più non si possa salire. Dove? Verso l’alto, verso il cielo, altrove. Insomma, di nuovo lontano.
set 13
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