Cantautorato elettronico e pop noir. Rimini e Berlino ma anche l’Europa. Il ballo e l’apocalisse. Il terzo disco del cantautore romagnolo è una nave di parole, fantasmi, citazioni che cerca in un abisso di transistors e plugins il senso delle cose. Rimini da una parte. Berlino dall’altra. In mezzo un filo di nylon teso che le collega. Appese a questo filo le canzoni del nuovo disco di Giuseppe Righini, Houdini, uscito lo scorso 14 aprile su etichetta Ribéss Records anticipato dal primo singolo Magdalène con il relativo video disponibile su YouTube.
Un lavoro, il terzo per il songwriter romagnolo, di cantautorato elettronico, o “electrorato” come lo chiama lui, le cui tracce hanno come genitori proprio le città raccontate per immagini da Fellini e Wenders. Due differenti isole, due differenti sponde, due differenti case straniere tra loro ma assolutamente vicine e indispensabili in Giuseppe, che ha scritto i brani di questo nuovo disco in Germania per poi registrarli e produrli in Italia insieme a Fulvio Mennella. Un lavoro apolide, dunque, per natura e vocazione; vittima e complice di entrambi gli scenari, ma anche di plausibili suggestioni e possibili tranelli.
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