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apr 08

Pissed Jeans – King of Jeans

King of jeans

Ecco, negli anni passati un disco pubblicato dalla Sub Pop poteva essere considerato un disco come questo. Finalmente ci liberiamo del folk e del country, lasciamo la campagna ed i menestrelli, e scendiamo giù nelle strade della città, hitting the city . Vicoli silenziosi, notturni, sirene della polizia che rincorrono ombre fugaci per strada e tu che svoltato un angolo ti trovi faccia a faccia con 4 tizi che ti aspettano all’angolo, dalle facce non proprio rassicuranti. Matt Korvette (voce), Bradley Fry (chitarra), Randy Huth (basso) e Sean McGuinnes (batteria), sono teppisti musicali pronti a pestarti di brutto, senza se e senza ma. Non c’è nulla di accomodante e piacione nel loro King Of Jeans, secondo lavoro per l’etichetta di Seattle, dopo Hope for Men del 2007, e terzo lavoro in generale dopo l’esordio di Shallow per Parts Unknown del 2005.
Il grunge che colava da Seattle si è sparso per tutto gli States, raggiungendo anche questa città della Pennsylvania, Allentown da cui provengono i Pissed Jeans. E si è trasformato lungo il persorso ogni volta che ha incontrato influenze diverse, dal garage più elettrico allo stoner più granitico. Il tutto si è coagulato nei Pissed Jeans, il cui olezzo oltre ad essere imbottigliato nei tre lavori già nominati, sembra propagarsi soprattutto durante i live, che scommettiamo essere abbastanza divertenti.
Riguardo però al disco c’è da dire che King Of Jeans rappresenta meglio il grunge di cui ci siamo abbeverati grazie alla Sub Pop. Niente operazione nostalgia, per carità, niente messaggi universali all’umanità, non era nello stile di chi suonava quel genere di musica. Giusto e puro divertimento nel suonare e fare casino il più possibile, rasentando territori come il noise rock, l’hardcore, il doom, senza mai entrarvici appieno. Come capita al sound di King of Jeans. Half Idiot sembra scappata dal repertorio dei Chrome Cranks per rifugiarsi nel disco dei Pissed Jeans, dove ha ricevuto un trattamento più ortodosso. Episodi come Dream Smotherer e Spent (I’ve slept for 8 hours…and woke up tired!!!) sembrano invece più debitori della simpatia di King Buzzo e dei suoi granitici Melvins. Il connubio è senz’altro efficace, con riffoni simili a sciabolate ondulate che fendono l’aria da ogni dove, mostrando una solidità da cemento armato (Pleasure Race per esempio) ed un hardcore punk in cui senz’altro si nota la zampa miracolata del produttore Alex Newport, ex dei Fudge Tunnel che ha collaborato ai lavori di gente come At The Drive-In, Sepultura e gli inarrivabili Locust, protagonisti di un apertura agli Yeah Yeah Yeahs a Firenze che solo a ricordarlo mi vengono i brividi. Request for Masseuse riporta in vita i Black Sabbath come nemmeno i gruppi doom osano fare più, mentre Human Upskirt slega i cani per una caccia all’uomo che rivitalizza il grunge malato dei primi anni’90 dandogli ancora un senso che non sia quello pietoso e lacrimevole di un piagnone Eddie Vedder, o quello dance o paraculo del rinnegato Chris Cornell. Ma se contiamo pure il sound malato di Lip Ring la bilancia pende sempre più dalla parte di Mudhoney, Nirvana & soci. R-Rated Movie ne è la conferma, mentre GoodBye (Hair) è il suggello finale con la Fender di Cobain in Big Long Now di Incesticide che echeggia però non in lontananza, ma troppo vicino per essere vero.
Proprio l’ultimo pezzo mette in risalto ciò che può essere la critica più appropriata per un lavoro del genere: l’originalità. Ma d’altronde non sono molti i dischi di questo genere ultimamente: e King Of Jeans mantiene senz’altro accesa la candela di Daydream Nation aggiungendo altra cera. Il buio e l’oblio sono già da un pezzo pronti ad abbracciare tutto. Almeno per un altro po’ possiamo stare tranquilli.

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