Non è che mi capiti spesso di andare ad un festival, la prima volta capitò giusto l’anno scorso per Nel Nome del Rock, a Palestrina, dove i destini del cantante dei Morphine si compirono in maniera tragica giusto un decennio fa. Quest’anno invece abbiamo deciso di imbarcarci sulla vecchia Golf grigia per compiere un Tour d’Italie meccanizzato andando dritti dritti in bocca alla serata elettronica più potente che si sia vista a memoria d’uomo sullo stivale. E già con questa frase abbiamo messo in ordine i tre principali protagonisti della serata: gli Offlaga Disco Pax (Golf), i Kraftwerk (Tour) ed Aphex Twin (Potenza).
L’arrivo allo stadio Armando Picchi è diluito in una bottiglia di Ponce al mandarino sottratta all’albergo, e messa in borsa a Dedo pericolosamente a contatto col suo I-Phone. Appena parcheggiati ci si accorge che è divenuto un I-Ponce, nuovo modello prossimamente sul mercato. L’afflusso prosegue ordinato e l’entrata fila via liscia: non troppa gente per gli Offlaga, che partono con la sigla dell’eurovisione mentre noi seguiamo la via degli stand preoccupandoci del vento che potrebbe abbassare la temperatura della serata. Si odono le prime ondate (mai parola fu più azzeccata) di Enver. Ecco che parte l’ennesimo live del gruppo emiliano per me e Galla (io penso di essere arrivato a quota 5, Galla qualcosa di meno, ma è sempre un numero elevato per chi sta dall’altra barricata politica), il primo per Dedo. Che nonostante tutto fu il primo ad ascoltarli ed a regalarmi anche l’album Socialismo tascabile (prove tecniche di trasmissione), da cui stasera prendono ampiamente Max Collini (voce e testi), Enrico Fontanelli (basso e tastiere) e Daniele Carretti (chitarra e basso), accompagnati dal trio d’archi che fa molto poco new wave per i loro pezzi, ma che rende più varie le loro elaborazioni sonore. Dove ho messo la Golf è naturalmente il pezzo che cattura subito la mia attenzione di possessore automobilistico di macchina tedesca, insieme alla morbida Cinnamon, alla meravigliosa Onomastica che si accompagna all’inno toponomastico di Robespierre. Che forse perde un po’ dalla versione del disco, con la schitarrata meno avvertibile ed un ritmo più blando.
I risultati finali di questa prima prova sono che siamo tutti più molleggiati, ci troviamo abbastanza avanti per il live successivo e Dedo ha iniziato a parlare con il Collini style, dopo esserne rimasto affascinato. Passa inutilmente mezz’ora, contrassegnata dalla continua ricerca di uno scontro da parte di Galla con gli ultras livornesi e da una tenda che copra il palco per evitare che si disgelino i meccanismi che stanno alla base del live successivo. Che i Kraftwerk siano la motivazione principale per cui siamo qui, si sapeva già; ma che si iniziasse con la futuribile (per dirla alla Offlaga) Men Machine era un altro paio di maniche. Alcuni pezzi nuovi, mai sentiti prima, giusto a dimostrare come siano ancora in attività, poi sprazzi consistenti di Tour De France, ultimo album datato 2003. Dal vivo danno una impressione fantastica, i bassi pompano che è una bellezza ed i manipolatori sonori dietro i loro tavolini sembrano spaziali. Aero Dynamik e Vitamin sono gemme di pura bellezza, ma andando consapevolmente a ritroso si scoprono nuovi mondi e nuove logiche dietro le quali non mi era mai avventurato in modo approfondito. Da Autobahn a Radioactivity (votato 3 voti a 0 come pezzo migliore della serata), per fermarsi all’onomatopeico TransEurope Express, all’inquietante Showroom Dummies. Video essenziali e meccanicamente frusti. Un bis affidato a macchine semoventi che simulano We are The Robots ed un tris con la moderna Computerworld. Una panoramica ad ampio raggio su tematiche contemporanee da parte di un gruppo che è dal 1970 che fa dischi in maniera eccellente, all’avanguardia nel continente europeo e nel mondo intero. Meccanizzazione di una realtà sempre meno umana, e sempre più affidata alla macchina, inno alla roboticità come polemica contro le società contemporanee od esaltazione di un nuovo mondo di intendere la realtà che aderisce perfettamente ad un mondo computerizzato? Di certo Music Dont’Stop disgrega il quadro compiaciuto delle realtà matematiche: che la musica sia davvero l’ancora di salvezza finale?
Dopo una discussione interna sulla posizione politica dei Kraftwerk ci si va ad approvigionare causa fame. La scelta cade sul fritto di pesce livornese, un paio di birre fermentano la serata ma ad un certo punto ad affossarla ci pensa Aphex Twin. Forza d’urto travolgente che ci sbatte dall’altra parte del palco, quasi sbattuti sulle balaustre del settore ospiti. Alcuni pezzi inquietano Dedo, che inizia a dare chiari segno di intolleranza acustica. A me sembra la colonna sonora di una mitragliatrice Brown M2 azionata a volontà su un elicottero Apache durante l’offensiva del Tet nel 1968. Solo Galla sembra apprezzare, ma il fondamentalismo di questo terrorista sonoro, sicuramente da apprezzare, ci demolisce ogni facoltà fisica ed intellettiva. Per cui dopo un paio di giri guadagniamo l’uscita dello stadio: la tranquillità di Radio Ponce ci accompagnerà a basso volume verso il meritato riposo.
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