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apr 08

Lui che da solo faceva concorrenza alla Coca Cola

Io Michael Jackson non me lo sono mai filato. Non mi è mai interessato nulla di lui, della sua arte, della sua musica, della sua personalità  eccentrica e soprattutto dei suoi milioni, anzi, miliardi di dollari. Da quando ho iniziato ad ascoltare musica seriamente è come se fosse finito nel dimenticatoio, anzi nella cantina dove si mettono le cose che non si usano più.
Per una strana coincidenza della vita, fra l’altro, io in cantina giù a casa, a Crotone, ci ho messo tutta la collezione dei Topolino, ma soprattutto tutti i giocattoli con cui ho passato la mia infanzia, quella degli anni’80. E la mia infanzia, negli anni’80 coincideva spesso d’estate con lunghe giornate a mare, passate spesso a ridosso dei lidi. Ogni tanto si saliva su per prendere un gelato, restava qualche spiccio e ci si fermava davanti ad un juke box: ebbene, il 90 per cento delle volte che ci si fermava davanti ad un juke box qualcuno metteva un pezzo di Michael Jackson o di Madonna. Il restate 10% veniva invece diviso equamente tra Europe, Metallica e Bon Jovi. Erano ancora lontani i tempi in cui il sottoscritto pensava agli anni’80 come a qualcosa che avesse a che fare con Sonic Youth, Jesus & Mary Chain o New Order.
Più tardi, quando iniziai la scuola media avevo un amico che andavo spesso a trovare fuori Crotone. Si chiamava Andrea, e ci ero molto affezionato. Bisognava studiare, ed io da perfetto secchione andavo spesso a dargli una mano nella sua casa in campagna, alla periferia della città, lungo la strada per Papanice. Naturalmente tra una pagina e l’altra saltava fuori uno spuntino, una pausa per giocare col cane in cortile, una chiacchiera con suo fratello Claudio. Un giorno mi chiese se conoscessi Michael Jackson: gli risposi “naturalmente sì”. Allora mi portò nel salotto, accese lo stereo ed inserì una cassetta. Era Thriller, e subito la musica inizio ad attraversare l’aria elettrizzandola, e trasmettendo al suo corpo un’irrefrenabile voglia di ballare. Andrea ballava davvero bene, e le sue mosse simil Jackson erano azzeccatissime, direi quasi perfette. Restai imbambolato a guardarlo e capii che in realtà io non conoscevo nulla di Jackson. Non avrei saputo imitare nemmeno un suo passo di danza od una linea vocale. Mi vergognai.
Alle superiori invece fu il momento più comico: in classe nostra c’era un ragazzo che non capiva nulla di inglese e spesso lo sfottevamo. Un giorno la professoressa ci chiese di aprire il libro per leggere alcuni nomi, con la giusta pronuncia. Quando toccò ad Antonio si trattava di leggere il nome di Michael Jackson. Il poveraccio lesseletteralmente in italiano “micael iacson” con irrefrenabile scoppio di risate in tutta la classe…
Passarono molto anni prima che avessi a che fare ancora con Jacko. Nel frattempo nelle mio orecchie sono passate molte cose, tanta roba, tanti gruppi. In particolare l’anno scorso mi trovai a Crotone con Piero, uno dei miei migliori amici. Serata triste, non avevamo nulla da fare e decidemmo di andare al Sax a bere e mangiare qualcosina. Il Sax era cambiato dall’ultima volta che l’avevo visto, ora avevano piazzato uno schermo enorme all’aperto dove trasmettevano video. Ebbene quella sera era un lungo omaggio a Michael Jackson, forse un dvd celebrativo o qualcosa del genere. Tutti i suoi video uno dietro l’altro, con uno sfoggio di musica, danza ed arte che ci fece restare basiti. Tutta la nostra supponenza sulle nostre conoscenze musicali svanì in un’oretta scarsa in cui vedemmo Jacko all’opera. Sentì quanto ero stato idiota e supponente sminuendo l’importanza di Jackson.
Non sto saltando sul carro del vincitore. Anche perché è morto ed a me i carri funebri non piacciono per niente. Non andrò a comprarmi (o ricomprarmi) i suoi dischi. Quello che voglio dire è che quando sono nato Jacko c’era; quando ero un bambino Jacko c’era; quando sono cresciuto c’era ancora, ed anche ora che non sono più un adolescente era sempre una figura di riferimento per me. Qualcosa di immanente. Lui da solo faceva la concorrenza alla Coca Cola. Per questo per me non è il “King of Pop”, come ormai ripetono all’unisono tutti da ogni angolo del mondo. Dai alla gente uno slogan e vedrai che lo ripeteranno all’infinito. Era una presenza familiare a cui mi ero abituato ormai da anni, una cosa rassicurante, che sai che non può mancare. Come il Papa. Per questo penso che la morte di Michael Jackson sia l’equivalente della morte del Papa. E nonostante tutte le polemiche nate attorno alla sua malattia ed alla sua morte, il suo messaggio contro il razzismo resta uno dei ricordi più importanti degli anni’80, insieme alla lotta all’Aids, ai preservativi ed alla new wave: forse l’ha pagato con la vita passando dal Black or White. Ci ha rimesso la pelle per questo. E scusate la battuta idiota.

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