premessa: solitamente per recensire i concerti prendo appunti sul cellulare, ma ierisera controllando la notizia di un compaesano che si è autodenunciato ai carabinieri, insultandoli, dopo essere caduto in bicicletta, ha fatto sì che perdessi tutti gli appunti. mea culpa, o culpa compaesanum. ad ogni modo la seguente recensione è tutta frutto del ricordo, quindi da prendere con le pinze molto più delle precedenti.
Stasera ho deciso di recarmi in bici in piazza Castello per il primo appuntamento nella location classica di Ferrara Sotto Le Stelle. Chiudo la mia mountain bike nel posto classico, e mi avvio all’ingresso, sperando di ritrovarla poi tra qualche ora. C’è già un gran movimento in piazza Savonarola, tanti giovani di mezza età o quarantenni ringiovaniti sono in fila per varcare gli archi del Castello ed accedere alla ciottolosa piazza. Kurt Vile ha iniziato da poco, il suo rock morbido e moderato insieme alla sua voce graffiante coinvolge già il pubblico stipato sotto al palco. Insieme a lui i suoi Violators di cui probabilmente fa parte anche l’accordatore a lato palco, intento con le sue cuffione ad accordare chitarre diverse ad ogni brano. Le pause tra una canzone e l’altra infatti sono momento topico, nel quale Kurt (ed anche gli altri membri del gruppo) agita la chitarra da passare come se fosse un vero e proprio feticcio. I suoi capelli medusosi (se un piccolo mio compaesano ha coniato il termine petaloso, non vedo perchè io non posso utilizzare medusoso) ondeggiano lievi durante tutta l’oretta di concerto, la folla applaude, la scaletta è ben costruita per accelerare il battito degli astanti prima del main act dei Wilco. Durante il cambio palco mi guardo un po’ attorno, è una serata prettamente statunitense (ed è pure il 4 luglio, non a caso il cantante dei Wilco, Jeff, spenderà qualche breve parola a riguardo) vista la provenienza dei due gruppi sul palco, ed anche gli avventori mi ricordano un po’ quel mondo, un misto tra hipster ormai passati di moda, post-hippie spaesati, disadattati, musicisti consapevoli, curiosi e personaggi che pagherebbero centinaia di dollari pur di poter provare a vivere in una sconfinata prateria dell’Ohio; è una serata che piace a chi piace Bruce Springsteen, i Pearl Jam, il folk, a me ricordano per un certo senso anche un po’ i Primal Scream soprattutto nei pezzi con le derive psichedeliche e più elettroniche. Con un ritardo di pochissimi minuti, il gruppo sale sul palco per quasi due ore di concerto perfetto: grandissimi musicisti, gente di poche parole (un ringraziamento a Ferrara e alla sua accoglienza, un accenno al Castello e come già detto al 4 luglio, e poco altro), luci perfette supportate da una rete di led multicolore dietro al palco che lascia intravedere gli alberi di piazzetta della Luna, una stella cadente che taglia il cielo a metà su California Stars (manco a farlo apposta), un encore di 4 o 5 brani in acustico è la perfetta chiusura. Poco prima dell’inizio del concerto, incontro l’amico Federico, lui i Wilco li conosce molto meglio di me e li definisce “spaziali” (e io concordo), mi racconta delle collaborazioni con Billy Bragg, mi dice che il cantante ha inciso un disco con suo figlio di pochi anni, insomma mi fa un po’ da cicerone e mi desta ancora maggiore curiosità riguardo a questo gruppo dell’Illinois. Mi piacciono, il suono è caldo, i brani sono diversi tra loro ma con un marchio di fabbrica riconoscibile, e non mancano quelle virate pazzoidi che tanto adoro: si percepisce l’attaccamento alle radici della musica americana unitamente alla voglia di sperimentare, a volte anche stravolgendo i canoni della canzone classica, senza mancare mai di rispetto alla musica, con compostezza ed infinita professionalità. Sicuramente per me, che in questa edizione di Ferrara Sotto Le Stelle sono inviato un bel pò disinformato, i Wilco rappresentano l’ennesima bella scoperta. Saluto Federico e gli dò appuntamento a domani per i Last Shadow Puppets, ritrovo la mia bici e tiro un sospiro di sollievo, e mi avvio verso casa con in testa qualche motivetto folkeggiante.
Come sempre un doveroso grazie a Sara Tosi per le foto.
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