Se per caso avete qualcosa da ridire sulla imperante moda della lunghezza dei nomi di alcuni gruppi che stanno spuntando da queste parti sappiate che in realtà il Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta è solo una sigla dietro la quale si nascondono i Clinic. Ve ne rendiamo partecipi subito, per evitare possibili confusioni. E se avete altro da ridire loro potrebbero ribadire con un “Rembrandt era eccezionale (con tutte quelle luci)” non di circostanza, altro titolo lunghissimo, dietro il quale in realtà si nasconde il primo lavoro della “ggggiovane” formazione romana. Il quartetto formato da Pisimoni (chitarre, synth e voce), Marcello (chitarra), Valerio (batteria) e Posho (chitarra) lo abbiamo già visto all’opera per l’apertura ai Clinic qualche mese fa, mentre per la data di presentazione del disco i giovani compagni che gli fanno da spalla sono gli Eskimo Trio (persi) ed i Nō che con qualche manipolazione elettronica ci fanno un bel massaggio alle cervello.
apr 08
Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta – Rembrandt era eccezionale (con tutte quelle luci)
Poi tocca al Dispo: che in 4 giorni ha registrato il disco d’esordio per la Ultra Hertz Records, label autogestita che riserva al suo interno alcune delle più interessanti formazioni romane. Il disco si presenta come un unicum sia per doti del Dispo, sia perché i pezzi sono concatenati come le catenelle del cesso che una volta si tiravano per lo scarico. E scusate la citazione poco ortodossa ma si sa, Sono tempi d’oro per Mastella: la prima traccia, oltre ad ispirarmi un ben solido wc per la presenza di un personaggio che è riuscito ad entrare nel Parlamento Europeo nonostante i suoi trascorsi con la giustizia di cui fu il ministro, ci fa subito accomodare in un atavica suite d’anticamera prima di entrare dentro la casa del Dispo: segnali analogici a 24 bit che si rincorrono giocherellando nell’aiuola sotto casa. Un sofisticato aperitivo prima della ben più corposa Vibrione, che dimostra come il Dispo possegga un ben più che virtuoso utilizzo degli strumenti, accelerazioni e colpi ben assestati di qua e di là grazie anche alla precisione di Valerio che si districa con naturalezza tra le pelli: subentrano sempre momenti catatonici analogicamente dispensati, e non mi riferisco al grido disperato dello spettatore che chiede “Ma dove sta Frank Zappa???” bensì, allo space echo di cui si impadronice Pisimoni nel progressivo incedere del pezzo. Un certo che di progressivo effettivamente si riscontra dall’ultima volta che li vedemmo all’Init: ma qui al Sinister giocano in casa e si vede.
Ma poi che titoli!!! Come fa a venirti in mente Serena Ghandi, molto Tinto Bras, ma soprattutto molto Battles nell’arpeggio, con un dolce gusto psych che dilaga a piene mani prima dei riffoni assetati di giustizia che ti rincorrono asce in mano. difficilmente riscontrabile in altre formazioni romane che abbiamo visto finora. Qualche battuta si Rino Gaetano che ha rotto i conigli, e mi fanno subito innamorare: chi come me ogni, per dirla con una frase che mi attribuiscono spesso “viene da Crotone” non ce la fa più ogni volta che scende a sentire Gianna Gianna Gianna Gianna Gianna: molto meglio Pensacola, vortice math rock che risucchia gli spaesati gridolini dei quattro con incedere marziale, prima del sogno lento a morire che frena un po’ tutti, specie quelli esaltati come Cinghio (ex del Dispo anche lui). Ma esplode subito dopo come una serata con i fuochi di artificio, con la gente che mormora (titolo del loro promo precedente) con il naso all’insù a vedere come esplodono in cielo, sempre obliquamente, i quattro sul palco. Spada Laser Fortissimo rientra invece in un continuo fuori tempo sperimentale con le nostre orecchie che fanno fatica ad inseguire il ritmo giusto, e poi capiscono che forse è meglio lasciare perdere e lasciarsi andare: ritmo giusto sarà uguale a gente giusta che sta nel giro giusto e noi, a differenza di Bugo, non vogliamo esserci. Captain America non è mai stato il mio supereroe, preferivo Mazinga, ma non quello Zeta, quello precedente, capace anche di sanguinare quando gli amputavano le gambe: però che pezzo (a)! Insistito fino all’estremo. Rembrandt invece era eccezionale, ma la cura che c’è stata nei 5 minuti di continuo arrangiamento lo rende semplicemente spettacolare: lunghi silenzi si accompagnano a sfuriate angolari che avrebbero pennellato alla perfezione una Ronda di notte qualsiasi (naturalmente non quelle di Maroni, ma di un ben più noto pittore olandese). Abigaille invece cede il passo alla teatralità, dove tra rumori di fondo e cose vecchie in soffitta, qualcosa va storto e la faccia indemoniata di Pisimoni mentre recita il testo mette veramente i brividi. Jesus Christ (Was Ugly) prova a riequilibrare un po’ i rapporti di forza sul finire del disco, e ci riesce alla grande con tanto di dispensazione di synth.
Rembrandt era eccezionale, ma il Dispositivo per il lancio Obliquo di una sferetta lo sarà senz’altro di più. Lo fa pensare la maturità con cui hanno calcato già molti palchi e con cui hanno prodotto e pubblicato questa sferetta. Insieme ai Captain Quentin, e su scala minore l’Appartamento di Kajno, forse possono essere considerati uno dei migliori gruppi di rock sperimentale o matematico (se non mettette gli occhiali da nerd però non ditelo) che ho visto in giro. Parola di uno dei coccodrilli che stava sotto il palco sfidando le fiorettate del Dispo.
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