Inizia quasi in sordina il debutto discografico di Plusensure, aka Andrea Fabbrizioli, musicista colluso da tempo con le arti audiovisive e con diverse partecipazioni a Festival europei ed internazionali. Herman the Giant Rabbit, pubblicato dall’etichetta indipendente bolognese micro_BO, contiene al suo interno 7 tracce, che spaziano dall’elettronica spinta ad un sound più minimale, ma con una sicura e forte propensione alla visual. All’insegna del meticciato artistico tipico del mondo contemporaneo. A cui mi sono abituato frequentando qualche anno fa le affollate serate del Brancaleone, ed apprezzando piano piano le immagini proiettate sugli schermi a ritmo di house, tribal e quant’altro. Plusensure utilizza sapientemente questa miscela per dipingere territori ricolmi di saturazione, come in Herman is also a real Animal, una delle tracce più interessanti dell’album con echi che ricordano i primi sconvolgenti Underworld di Dubnobasswithmyheadman; oppure per lasciarsi andare all’avanguardia ambient di Black Holes che dimostra una notevole gestione dei vari percorsi sonori scaturiti da una fervida immaginazione. Insomma si balla. E si ascolta con gusto. Due cose che non sempre vanno a braccetto nell’elettronica di oggi, a volte troppo sbilanciata verso l’uno o l’altro versante. Nonostante un’omogeneità di fondo non troppo ricercata (la successione dei pezzi all’interno dell’album non si concatena alla perfezione) ed alcune esagerazioni (vedi la parte conclusiva di One Fuck Two) il coniglio gigante lascia comunque la sua profonda orma sul terreno. Con l’artwork dell’artista Michele Pierpaoli a sottolineare, se ce ne fosse ancora bisogno, l’indissolubile legame dell’opera di Plusensure con il senso visivo della musica. Anche perché altrimenti, non sarebbe possibile vedere quanto è profonda la tana del bianconiglio.
ott 31
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