La band Sloth Racket è un quintetto inglese intorno alla sassofonista baritono Cath Roberts, insieme a lei il sax tenore di Sam Andreae e la ritmica costituita dalla chitarra elettrica di Anton Hunter, insieme a Seth Bennett è al contrabbasso e Johnny Hunter alla batteria. I cinque ormai si conoscono a memoria ed il loro secondo album li mostra in sintonia su quelle che sono le linee guida della leader. Il lungo Edges che apre il disco parte in modo lento, con i sassofoni ed il contrabbasso ad inseguire linee melodiche e dialoghi sottili, poi dal minuto dieci in poi gli equilibri sembrano rompersi, la chitarra arriva prepotente e la musica mostra momenti di free dirompente prima di arrivare alla conclusione. Tracking è sostenuto da una ritmica calorosa e da un chitarra che dà direzioni inaspettate con degli accordi, poi tutto procede in modo compatto da parte del quintetto che si ritrova in un dialogo collettivo ricco di idee. Bark è un brano che mostra il lato più avanguardistico della band, che procede coagulando l’esecuzione intorno a brandelli di suono, tuttavia il brano ha un suo fascino ipnotico, un’inquietudine sottile che si esprime lentamente, senza urla. Shapeshifters è il brano più lungo, oltre tredici minuti in cui si può apprezzare la sapienza della scrittura della leader nel guidare la band attraverso passagi complessi che vengono affrontati collettivamente. Non mancano dei momenti in solo, come il contrabbasso suonato con l’archetto che fra il secondo ed il quarto minuto si ritaglia un notevole assolo. Ma poi si riparte in trio con la chitarra elettrica che scarica l’adrenalina accumulatasi nel frattempo e la ritmica che fa il suo lavoro in modo impeccabile. I sassofoni arrivano insieme dopo, all’unisono, prima di lasciarsi andare a degli assoli piuttosto liberi nel linguaggio che portano l’atmosfera a riscaldarsi ancora di più. Un’ottima prova della band inglese.
Genere: avanguardia jazz
Tracklist
01. Edges
02. Tracking
03. Bark
04. Shapeshifters
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