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apr 08

Glasvegas + Milk White @ Circolo degli Artisti

Foto di Jon Behm

Che il fenomeno Glasvegas sia oramai divenuto esuberante in questa città è senz’altro ravvisabile ad occhio nudo. Lunedì (ripeto, lunedì) 11 maggio 2009 dalle parti del Circolo degli Artisti non c’è uno spazio libero dove parcheggiare. Tra l’altro, siamo riusciti a recuperare un paio di biglietti via internet solo qualche giorno prima della data del gruppo scozzese a Roma. Alla fine riusciamo in una manovra miracolosa ad inserire la sua macchina argentata in un buco vicino piazza Lodi. Faccio manovra, una botta davanti ed una dietro e siamo incastrati perfettamente. Così si fa.

Davanti al Circolo la gente ci chiede biglietti, ma penso resteranno fuori tutta la serata visto che nessuno si priva del suo tagliando e l’eco dell’arrivo di James Allan & soci abbia superato i confini nazionali: turisti si, ma anche fans provenienti d’oltremanica, come dimostrerà più tardi una bandiera scozzese esibita durante la prova del quartetto di Glasgow. Sold out, si dirà ma diciamo esaurito, ogni tanto qualche parolina italica serve a riassumere un concetto meglio di tanti anglicismi (che usano due parole mentre noi solo una, tiè!). Prima però una birra mentre dentro si esibiscono i Milk White, quartetto romano formato da Black Feather Erika (Voce e chitarra), Malosangue (basso), Stefania Imperatori (chitarra) e Gianni Galadini (batteria) ed appena reduce dalla pubblicazione di Prague, il nuovo Ep. Peccato non averli visti in tempo, il loro suono distorto e rumoroso mi aveva iniziato ad interessare, anche perché spesso eventi del genere sono in grado pubblicizzare meglio band locali che non spesso hanno il giusto risalto che meritano. Oscurati dall’ombra di giganti che si mangiano le classifiche con niente in mano: giusto il tempo di un paio di dischi e poi l’oblio. Quanti ne abbiamo visti venire dall’Inghilterra e dagli States mentre salivano sull’altare ed ora si trovano nella polvere dei nostri scaffali?
Chissà se è anche è il destino di ogni band nell’era di internet. Chissà se è il destino dei Glasvegas. Che però hanno prodotto un album interessante ed il loro show stasera ne è la dimostrazione. Riusciamo a ritagliarci una posizione in fondo alla sala, ed il suono non ci arriva in maniera perfetta. Forse mi aspettavo più casino, più volume, più rumore. Ma è certo che James Allan (voce e chitarra) con la sua canotta nera e gli occhialini neri, il cugino Rab Allan (chitarra), Paul Donoghue (basso) e Caroline McKey (in piedi alla batteria) hanno un sound che più eighties non si può: Geraldine, l’inno del gruppo sembra uscita dal repertorio dei Jesus & Mary Chain versione pop, depotenziati e rallenati, specie quando l’assolo di Rab Allan entra nel corpo della canzone come farebbe un coltello nel burro: per inerzia. Segue una mediocre Lonesome Swan, ma il Circolo è pieno e caldo come una fornace: l’entusiasta James tra la pausa di una canzone e l’altra inizia a canticchiare I will survive di Gloria Gaynor: mi si gela per un attimo il sangue, ma è solo un secondo e l’atmosfera si ristabilisce con It’s My Own Cheating Heart That Makes Me Cry, che sarebbe un lento perfetto da ballare alle feste della scuola se il ritornello non fosse affidato ad un vorticoso giro di chitarra e non ci fosse un perfetto omaggio ai fratelli Gallagher.
Un repertorio ed una voce che esaltano gli ormoni di molte ragazze, già abbastanza eccitate dalla primavera e di tanti ragazzi che cantano a squarciagola tutti i testi dei Glasvegas. Alcuni fantastici: Flowers & Football Tops su tutti, con un intro fenomenale ed un coretto che più surf non si può che non può essere non cantato, con un finale lisergico che fa intravedere un ottimo gusto nell’arrangiamento dei pezzi; Please Come Back Home, quest’ultima inserita nell’ep A Snowflake Felt (And It Felt Like a Kiss). Altri pezzi mi sono piaciuti un po’ meno: Polmont On My Mind, Fuck You It’s Over sembrano dare l’impressione di lasciarsi andare un po’ troppo sul dolce e melanconico.
Il massimo riescono a darlo quando si lasciano andare ai coretti surf tipo Daddy’s Gone, con cui riescono a coinvolgere il pubblico: non che ne avessero veramente bisogno, il pubblico è già ben coinvolto per il solo fatto di essere presente qui stasera. E di sicuro in tutte le altre serata che li vedrà protagonisti in questa estate per tutto il globo. Di sicuro il successo è attualmente dalla parte loro: noi scettici ci chiederemo per quanto tempo ancora.

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