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nov 14

AA.VV. – Zabriskie Point OST

Benvenuti nella Death Valley.
Terra d’illusione, miraggio tremolante di ricchezze, mistero, oscurità.
Deserto di ricerca e perdizione.
Benvenuti a Zabriskie Point.
Lugubre teatro di un’ipnotica fuga dal proprio istinto di morte lungo le rive del Furnace Creek.
Apocalittica (e cinematografica) esplosione profetica del fu capitalismo firmata Antonioni, corredata da un’altrettanto (almeno sulla carta) esplosiva colonna sonora marchiata Pink Floyd, Grateful Dead, Jerry Garcia, Patti Page e Rolling Stones.
In un contesto simile, risulta pressochè impossibile separare a dovere la bellezza estetica e figurativa della pellicola dalla sua controparte pentagrammata, quasi perfetta espressione di un pessimismo angoscioso che sembra convogliare ed inghiottire il motore immobile di un’opera (estremizzato nel giro di una contestazione giovanile) ormai divenuta mitico veicolo – guida di un’epoca, rappresentazione crepuscolare di un’intera generazione, oltre che pura esaltazione narrativa.
La verità dietro quest’album, però, è un’altra … e non del tutto conforme alle aspettative giustamente maturate dietro un simile, gigantesco, hype : la verità è che, di tutti gli artisti presenti nella tracklist, soltanto due sembrano essere quelli davvero presenti, soltando due sembrano aver trovato la giusta direzione, il giusto umore, la giusta chiave di interpretazione di una storia che, prima di ogni altra cosa, deve maturare nell’intimità dello spettatore, che non può essere percepita passivamente, ma che deve aderire ben stretta sulla pelle.
Solo due artisti, ovvero Pink Floyd (non c’erano dubbi) e Jerry Garcia.
I primi, chiamati a stravolgere il concetto stesso di forma – canzone, con le loro liriche sgraziatamente estranianti perdute in un abisso dalle atmosfere fredde, meccaniche .
Il secondo, giunto ad impreziosire il discorso iniziato dai Floyd con effetti e stili chitarristici derivati dalla tradizione folk, dalla psichedelia, perfino dalla tradizione popolare americana .
Degli altri non rimane che un vago ricordo indistinto, un semplice esercizio di mestiere che avrebbe meritato al massimo lo spazio di una qualche bonus track su di un vecchio 45 giri e non di figurare affianco a registrazioni del calibro di Heart Beat, Pig Meat o della psichedelica Love Scene.
Kaleidoscope, Roscoe Holcomb, John Fahey … nomi leggendari, ma, di loro, nient’altro che un lieve passaggio .
Perché, allora, inserire questo disco in Time Warp?
La risposta è semplice: perché da questo disco, a mio avviso, nasce il concetto stesso di soundtrack contemporaneo.
Già … prima dei Motörhead di Hellraiser 3, prima di Trent Reznor e del suo mirabolante capolavoro sonoro per The Social Network, persino prima dei Queen di Highlander, c’era Zabriskie Point.
Il momento zero della coniugazione elettrica fra pellicola e rock.

 

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