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apr 08

Ruby Suns + Formanta! @ Sinister Noise

Ruby Suns

No, è tutto vero. Ci sono andato anche io a vedere i Ruby Suns. E vi assicuro che lo sforzo è stato inaudito. La sbornia di sabato sera che ho preso a casa di Fra, causa festa di partenza per il Giappone, è stata di quelle memorabili. Ma mi ero ripromesso di non farmi intimidire dai conati che mi hanno accompagnato lungo la strada che ho percorso mano nella mano col mio wc durante buona parte della mattinata ed il primo pomeriggio. E così, dopo l’ultimo colpo alle 4 di pomeriggio che mi ha ricordato che la prima cosa che avevo bevuto la sera prima non è stato vodka ed arancia (bravò per la precisione), e nemmeno Re Fosco o Montelpulciano, ma il mitico Amaro del Capo (fra l’altro vomitarlo è stata un’esperienza bruttissima, poi vi racconto…) mi faccio forza ed in stile zombie mi avvio verso il Sinister Noise.Arrivo dopo un’oretta abbondante (generalmente facevo prima, ma le mie movenze al ralenty hanno complicato il cammino)
e la prima cosa che vedo è il bancone e la gente aggrappata a bicchieri di birra. No, non ce la faccio, e scendiamo direttamente giù, dove aprono le danze i Formanta!, formazione romana che si lancia con notevole talento nel territorio pop psichedelico. Incantati dalla voce sbarazzina di Bribbri, ci lasciamo accompagnare da BiecoB (chitarra deliziosa), Vampy (basso pulsante) e Jollyman (batteria raffinata) in F!, il primo Ep della band, autoprodotto e regalato al banchetto all’angolo, dove la poca gente presente ne fa scomparire subito le copie. Mi piacciono, specialmente il pezzo finale, Still Life, dove gli oggetti inanimati prendono vita e colore, grazie ad una linea di chitarra in grado di risvegliare i sensi ancora intorpiditi dalla sbronza notturna di ieri. Il rumore sembra più fievole negli altri pezzi, con una propensione al sogno non convenzionale, ma fortemente voluta.

I Ruby Suns invece si piazzano con tutto l’armamentario elettronico e percussionistico di fronte a noi, ed iniziano ad armeggiare in maniera divina sugli strumenti. Ryan McPhun, motore californiano del gruppo della Subpop (non c’è niente da fare: ci stanno sempre in mezzo loro) e Bevan Smith (che accompagna Ryan per il tour). Si muovono a loro agio tra synth, ukulele, tamburi e sample che piovono come in un diluvio di sonorità impazzite. Il tutto condito naturalmente da un filo di lucine natalizie che addobba la strumentazione come se fosse Natale. Il loro regalo è principalmente Sea Lion, uscito nel 2008 e salutato come perfetto esempio di come le classificazioni di genere non servano ormai a nulla: come lo vogliamo chiamare un lavoro del genere? Indie-Pop? Pop Psichedelico? Oppure come
è stato suggerito più spesso ultimamente Tropicalia? Propenderei per quest’ultima soluzione solo perché il nome fa effettivamente figo, ed ascoltando pezzi come Oh Mojave e Tane Mahuta, che hanno pericolose inclinazioni verso la world music etnica dell’Oceano Pacifico pure pure…Specie considerando che il loro nome mi era assolutamente sconosciuto sin quando non ho letto che Ryan qualche giorno fa aveva suonato a Barcellona con El Guincho, la mia ultima infatuazione primaverile. Ed infatti a fine serata sono andato a chiedergli qualcosa su quella serata e lui è sembrato molto divertito da quest’ultima collaborazione. Ma  ascoltando attentamente i pezzi dei Ruby Suns, molto più spesso è la sagoma di Brian Wilson che si nota dietro le due figure di fronte a noi. Non quello caciarone di
Surfin’USA, ma quello più intimo e delicato di Pet Sounds, in grado di far innamorare chiunque ascolti una pur singola nota. E basterebbe ascoltare Remember, da Sea Lion dei Ruby, per fermarsi un attimo ed in mezzo alla confusione decidersi di aprire liberamente il proprio cuore e regalarlo alla prima persona che incontri: e se facessimo tutti così
sarebbe senz’altro un mondo migliore.Ma purtroppo la realtà ci indica che dai sogni (e dalle sbornie) ci si risveglia molto prima di quanto sarebbe necessario: ce lo dicono anche i Ruby, che annunciano la fine della serata causa jet lag e probabilmente scarsa affluenza rispetto al previsto. Non prima però di lanciarsi in una jam electro di una decina
di minuti che ci riporta indietro nel sogno caraibico o polinesiano che sia, su spiagge dorate, mare incontaminato, bikini a volontà e cocktails ovunque (si, bevo pure io, magari un sorso di birra, unica cosa non rigettata la sera prima, fanculo alla sbornia), con musica divina e soli rubini che albeggiano e tramontano nel cielo azzurro a velocità doppia, come in una giostra di periferia… Oddio, forse non sono così sicuro di esserci stato al Sinister Noise il 29 marzo; forse
è stato tutto un sogno. Però a casa ho una copia di Sea Lion: dove diavolo l’avrò comprata???

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