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apr 08

The Vickers – Keep Clear

Andrea Mastropietro (Voce, chitarre & tastiera), Federico Sereni (Basso, Tastiere & Voce), Francesco Marchi (Voce, Chitarra & Tastiere) e Marco Biagiotti (Batteria) sono i 4 componenti della formazione fiorentina nata nel 2006 e che appena dopo tre anni dalla nascita è riuscita nell’intento dichiarato di creare il primo album. E meno male, perché secondo le dichiarazioni del gruppo se non ci fossero riusciti erano pronti a suicidarsi collettivamente ed a portare con loro chiunque avesse ostacolato il loro lavoro.
Follie da setta religiosa a parte, il lavoro dei Vickers uscito il 13 febbraio per la Foolica Records di Mantova si chiama Keep Clear, che oltre al titolo del loro album d’esordio suona molto più come una dichiarazione d’intenti: il lavoro nello studio di registrazione è infatti stato molto accurato, ed il risultato è venuto fuori pulitissimo come un vetro di una finestra dopo le prime pulizie di primavera. E non è che i Vickers abbiano fatto molto per sporcarlo, anzi lo hanno mantenuto trasparente proprio per osservare dall’interno il cambio della stagione, quando finalmente qualcuno decide di portare il sole da questa parte dell’emisfero e la vita improvvisamente si scopre dolce come una canzone dei Beatles.
Che fanno parte delle influenze dichiarate del gruppo, ma questo probabilmente non (ci e) vi dice nulla di più: e probabilmente avete ragione. Allora intrufoliamoci nella casa dentro la quale i Vickers tengono pulite le loro finestre
per vedere che succede di bello.Nell’anticamera ci aspetta la calorosa Everything’s Turning Around, che dopo una fragorosa stretta di mano con riff ci introduce a casa Vickers, al riparo dalle intemperie dell’inverno. Here Again ci serve subito qualcosa di forte da bere nel salotto, mentre nella collezione di dischi scopriamo qualcosa degli Strokes: Silence però mette subito in chiaro che è la tradizione british a farla da padrona in Keep Clear, con la tipica ricerca della melodia e delle cose semplici che sanno fare a Londra, Liverpool o giù di lì. Come On Come On conferma l’asserzione precedente, gran bel pezzo, con una coralità spinta finale che non può non ricordare la Yellow Submarine di revovleriana memoria. Ogni tanto però arrivano ospiti inattesi dal suolo americano: I’ve Got You rimanda al Dylan più classico, compreso di armonica ed organetto a tracolla, mente Bring The Sun è una lennoniana lezione di arpeggio e voce che lascia a bocca aperta. Se avete bisogno di muovervi un po’ eccovi servite con It’s Not Easy, il ritmo non è elevatissimo, ma questo consente di apprezzare un ottima vocalità e qualche notevole cambio di tempo. How Are You è forse il pezzo più bello, ha un intro corale che fa rima con fenomenale e si dilunga abbastanza piacevolmente con quel pizzico di psichedelia aggiunta con moderazione che non fa mai male, ma che nella parte finale fa pensare a Strokes abbattuti al suolo da una profonda depressione post sbronza.L’inverno si fa più rigido, si accendono i riscaldamenti con I’ll Wait e si cerca la compagnia di qualcuno che, dopo la mezzanotte, forse non arriverà più, mentre con la sostenuta The Only One si invitano finalmente tutti gli amici a fare baldoria, con una
sessione ritmica di notevole spessore danzareccio. La gospelliana Days Pass Away, in cui le tastiere si  impadroniscono completamente del suono, interrotte solo dall’assolo finale, fa finalmente intravedere la bella stagione alle porte con Lennon ed i suoi occhialini che ci indicano la via: è l’immaginifica Home, conclusione degna di un
album che può introdurvi alla grande nella bella stagione, senza troppe pretese, e sicuramente non ce ne era assolutamente bisogno.
La traccia finale dimostra che i ragazzi per ora si sentono meglio a casa, ma per il secondo album, pronostico che usciranno da quella porta ed inizieranno a fare sul serio.

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