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apr 10

Cradle Of Filth – Darkly, Darkly, Venus Aversa

In un orgiastico tripudio di fanfare decadenti e lugubri marce apocalittiche, i Cradle Of Filth, six act inglese da sempre punta di diamante nella scena black metal sinfonica più agguerrita e strutturata (genere di cui, senza dubbio alcuno, costituiscono l’avanguardia più ricercata), tornano ad infestare i nostri miseri impianti stereo con un lavoro d’incredibile fattura, incantevole in ogni sua digressione ed intriso di quella insana cattiveria che, dopo alcuni (sconvenevoli) passi falsi compiuti dalla band, sembrava essersi dissolta in un oceano di false promesse ed aspettative non mantenute.
Darkly, Darkly, Venus Aversa è, infatti, l’album che, dopo il fallimentare Thornography ed il (quasi) riuscito Godspeed On The Devil’s Thunder, aspettavamo – con trepidante attesa – di ricevere ed ascoltare.
Distribuito dalla “solita” Peaceville Records, i sessanta minuti di lenght scorrono tutti nella rapita (e toccante) narrazione delle cronache di Lilith, fascinosa demone biblica prima moglie di Adamo (secondo la tradizione ebraica), rincarnatasi sotto forma divina nella nostra becera società contemporanea.
Tra horror truculento ed atmosfere gotiche, tra poesia e distorsioni, insomma, siamo di fronte una piccola apoteosi di sana musica estrema.

Compatto e forte d’una produzione cristallina quanto moderna, lontana dai sinistri rintocchi dell’inarrivabile (ed, ormai, cronologicamente troppo distante) Dusk And Her Embrace, Darkly, Darkly, Venus Aversa sembra rivelare la propria ragion d’essere in una ritrovata freschezza creativa che non può che portare sollievo all’interno delle infauste strutture compositive create dal piccolo Dani & Compagnia Guasta: l’approccio strumentale proposto, infatti, capace di virare con soluzione di continuità dalla minaccia sinfonica d’un orchestra di archi all’irruenza più sfrontata d’una doppia cassa in costante tiro, ben si adatta con i growl/scream “infernali” offertici da Mr. Filth, lontani, questa volta, dalla sensazione di “forzatura” e “fuori luogo” che accompagnava lavori come, soprattutto, lo sfortunato Thornography.
Merito, credo, in gran parte del rientro all’ovile di James McIlroy, ormai più che semplice chitarrista, quanto perfetto compagno di strumento del consolidato Paul Allender, e dell’innesto in formazione della giovane, ma promettente, Ashley Ellyllon, i cui trascorsi negli Abigail Williams sembrano aver portato nuove metriche e soluzioni sonore al bagaglio tecnico dei Cradle.
A dar maggior spessore all’intera opera, poi, delle controparti vocali femminili vere, reali, fornite d’una propria parte recitativa all’interno del disco e non poste a semplice corredo estetico come già capitò in Damnation And A Day, ad esempio, alla transfuga Sarah Jezabel Deva, con l’eppur ottima Mannequin.
Brani come l’ossessiva The Persecution Song o la splendida Lilith Immaculate, testimoniano proprio questo nuovo corso d’opera della formazione inglese: quello di una band che sembra aver finalmente ritrovato la propria identità, ma soltanto dopo averla accuratamente sottoposta ad una rivisitazione stilistica che, altrimenti, avrebbe condotto lo storico trademark dei Cradle Of Filth nell’ombra dell’involuta e paradossale comicità.

Tracklist:

1. The Cult of Venus Aversa
2. One Foul Step From the Abyss
3. The Nun with the Astral Habit
4. Retreat of the Sacred Heart
5. The Persecution Song
6. Deceiving Eyes
7. Lilith Immaculate
8. The Spawn of Love and War
9. Harlot on a Pedestal
10. Forgive Me Father (I Have Sinned)
11. Beyond the Eleventh Hour

Anno: 2010
Genere: Symphonic Black Metal
Prodotto: Regno Unito
Etichetta: Peaceville Records

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