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feb 23

Don’t think, just let it flow

a cura di Diego Amà

Don’t Think: è questo il messaggio che ci lanciano i Chemical Brothers con il loro film documentario, che riprende un loro concerto dello scorso luglio al Fuji Festival in Giappone.
Chi vi parla-scrive è un patito, uno che è cresciuto con la loro musica, che ha scoperto l’elettronica grazie ai loro suoni, che rimaneva estasiato di fronte a quella pubblicità di pneumatici non per la potenza di Carl Lewis o per il controllo di quell’altra tipa che correva, ma bensì per l’impeto sonoro di quello spot.
Nell’ultimo anno il duo inglese si è confrontato con il cinema in un paio d’occasioni: curando l’intera colonna sonora del film Hanna, ed inserendo proprio l’inedito brano Don’t Think in una scena di quel capolavoro che è Il Cigno Nero; ma se questi sono stati solo i primi passi di Simons e Rowlands nel mondo del grande schermo, con Don’t Think abbiamo la consacrazione di quanto sia sempre stato importante l’impatto visivo a suggellare le emozioni che i fratelli chimici ci regalano con i loro album. I Chemical infatti hanno sempre accompagnato i loro singoli da videoclip incredibili, diretti da personaggi strani, al tempo magari anche poco conosciuti, ma che in un secondo momento si sono fatti strada nel mondo del video (nomi come Michel Gondry, Sofia Coppola, Dom & Nic, Spike Jonze per citarne alcuni). In questi video il duo inglese non è mai protagonista ma lo si trova sempre in secondo piano, di sfuggita, inseriti come un cameo o un Hitchcock da cercare nei suoi film. Finalmente in questo documentario, diventano loro il punto di riferimento, il vero motore su cui il regista Adam Smith (che lavora coi Chemical da circa 18 anni, quindi praticamente da sempre) può divertirsi nel rappresentare tutta la psichedelia che i Chemical riescono sempre ad evocare con i loro brani e soprattutto nei loro live show. Lo stesso punto di riferimento che lo spettatore fissa estasiato durante una loro performance, ubriacato dai suoni e distratto dalle videoproiezioni retrostanti. Il connubio audio\video è il fulcro dell’esperienza di un concerto dei Chemical Brothers, l’ipnosi in cui lo spettatore si perde sin dal primo istante. Ed è più o meno questa la sensazione che si ha guardando Don’t Think (e ribadisco, non pensare… “just let it flow”, in un certo senso “lasciati andare”).
In realtà il primo pensiero che ho fatto dopo qualche minuto dall’inizio della pellicola è stato “ma perché diamine non l’hanno fatto in 3D sto film??”; la risposta arriva da sola dopo altri 5 minuti: non c’è bisogno di una terza dimensione (o forse genererebbe gravi attacchi epilettici nell’audience) perché la sincronia di suoni elettronici che riempie la sala, unita agli stroboscopici cambi d’immagine sono più che sufficienti a proiettare lo spettatore in un’altra dimensione. Smith ci mette del suo, poiché il tutto è sapientemente girato, le scene sono un continuo alternarsi di punti di vista: un po’ quello degli spettatori del Fuji festival, e un po’ quello dei due fautori del bordello elettronico; solo ogni tanto qualche esperienza mistica ci distacca dal concerto, trasportandoci in tutto ciò che c’è attorno al festival, una sorta di proiezione (e non a caso vengono ripresi alcuni elementi dei visuals dello spettacolo, curati da Flat Nose George) dell’esperienza al di là del concerto vero e proprio, una sorta di distaccamento, un messaggio che ci dice “ehi, attenzione perché mentre stai saltando come un canguro sul beat di Believe, tutt’attorno succedono contemporaneamente delle cose, e io queste cose non solo te le faccio immaginare, ma te le faccio proprio vedere”. È sicuramente questo il valore aggiunto, che non identifica il lavoro di Smith in puro e semplice documentario, ma lo innalza a livello di film. La pecca però è proprio questa: vedere una pellicola che celebra la potenza (anche un po’ mistica) di uno spettacolo del genere da seduto, su una comoda poltroncina in velluto, con popcorn e Cocacola, è profondamente ossimorico con ciò che si vorrebbe (e si dovrebbe fare!) ossia agitare le braccia come forsennati, urlare “Here We Go!” subito dopo aver sussurrato “superstar djs…”, bere dei cocktail e rovesciarli su chi ci sta vicino per il troppo dimenarsi. Ondeggiare su una poltroncina con la paura di disturbare il vicino, è davvero limitante per quest’ora abbondante che andrebbe proiettata in un warehouse buio e umido.
Insomma, si tratta comunque dell’ennesimo tassello perfetto che si incastra nella puzzle-carriera di Ed e Tom: è il rivivere l’esperienza del loro ultimo tour per chi ha avuto la possibilità di vederli e contemporaneamente il ghiotto assaggio per chi non ha mai avuto la fortuna di poter assistere a una roba del genere dal vivo. Proiettato unicamente in tutto il mondo il 3 febbraio sembra tornare in proiezione by public demand questo giovedì 23 febbraio, mentre l’uscita in dvd è forse prevista tra qualche mese.
Accettiamo quindi il consiglio che ci lanciano questi due immensi pilastri della musica elettronica: non pensiamo, ma lasciamo che tutto scorra.

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