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mag 02

Bugo @ Circolo degli artisti

Bugo

Arriva un Alieno. Mi spara, mi ruba il testo e dichiara: “Ciao! Sono un Alieno! Vi racconto una storia che faceva più o meno, diviso, moltiplicazioni…così…”…
Quando ci si fa sparare e rubare il testo da un Alieno per tre volte di seguito vuol dire che una infatuazione potente ci ha centrifugato come oggetti leggeri all’interno di un vortice, come in un qualsiasi film catastrofico, tra Twist e simili. E di tutte le tre volte che siamo andati a vedere Bugo, forse questa è la volta che ci è piaciuto di più, sia per gli episodi che hanno funestato la prima volta (svenimenti vari e conseguente allontanamento dal concerto), sia per la quantità di canzoni che abbiamo sentito (sulla qualità eravamo garantiti dalle prime due presenze, anzi una e mezzo…). Sarà anche l’assenza di quei simpatici ragazzetti romani che gli facevano letteralmente i chiodi quando saliva sul palco e suonava, complici soprattutto le sue origini nordiche. Bugo infatti si barcamena tra Novara e Milano e dopo l’esordio di“La prima gratta”, dopo il magnifico “Dal Lo Fai al Ci Sei”, a mio giudizio uno dei dischi migliori di un artista italiano negli ultimi 10 anni o forse più, ecco l’esplosione della bugomania, derivata dal successo del terzo disco: “Golia e Melchiorre”, sfonda di brutto. Terzo disco tra l’altro doppio, con un elettrico “Arriva Golia” da una parte ed un lento e sommesso “La Gioia di Melchiorre” dall’altro, due facce di una medaglia che il nostro sembra portare sempre in tasca per spenderla durante i suoi live, con frequenti sovrapposizioni tra i due piani dimensionali. Con qualche anno di esperienza in più sulle spalle ed una maggiore capacità di tenere il palco, il nostro Bugo ci attira stasera nella tana del Circolo, come fa un ragno con la sua ragnatela…
Non molta gente all’ingresso, per la verità, si pregusta un qualcosa di più intimo e intenso, con meno caldo da poter sopportare vista l’incombente estate che ci aspetta. Non ci sono gruppi spalla (adesso che ci penso, che brutta parola! A volte ho apprezzato di più le spalle che i protagonisti principali), ma un solo re sul trono, in attesa di utilizzare lo scettro, un plettro, folle o meno, ed una chitarra, o il sintetizzatore? La formazione ha subito alcuni cambi dall’ultima volta che lo abbiamo visto, si notano subito i baffi vistosamente motorhead del nuovo batterista Agostino Lombroso: tra l’altro, la batteria rosa è una idea sua??? Poi Matteo al basso, Enrico Berto alla chitarra con una figata di maglietta con la faccia di Lennon e la scritta sopra “Imagine Them” e sotto “No Yoko”. Bugo, conciato con una giacchetta a metà tra un menestrello ed un disco boy anni’70 si batte subito sul palco nella presentazione di “Sguardo Contemporaneo”.
Ci stampa quasi subito Plettro Folle sulle nostre facce incuriosite ed inizia le sue movenze da ballerino isterico, dimenandosi sul palco al ritmo sincopato della canzone. “Mica te lo dico…dove l’ho comprato…” è il ritornello con il concerto inizia a prendere quota. Bugo si leva la giacca ed inizia a fare sul serio. Rispetto alle altre volte notiamo una maggiore accortezza nella pulizia e nel suono, e dei piccoli accorgimenti che tendono a lasciare meno spazio alle improvvisazioni ma regalano piccole gemme di preziosa fattura: Oggi è morto Spock è un ironico omaggio ai nostri ricordi televisivi-cinematografici degli anni passati, ma è anche un signor pezzo per come è prodotta ed arrangiata.. C’è spazio anche per i successi precedenti, come una prestazione tellurica de Il Sintetizzatore che esalta il pubblico presente e tende a movimentare un po’ una serata che era partita decisamente sottotono. Sta suonandooooo! Ma Bugo sa quando deve tornare alla chitarra, tende a captare i segnali del pubblico. E’ la volta di Mezz’ora prima di morire, una ballatona fantastica che riecheggia un possibile De Andrè frastornato dal nuovo millennio e tendente al suicidio elettrico. Amore Mio Infinito rimanda invece ad i giorni di scuola, mentre Millennia è la contemplazione del mondo insensato che abbracciamo oggi con il nostro Sguardo Contemporaneo. “Io non vedo il cielo io non vedo il lago io non vedo il mare io non vedo il mondo io non vedo il corpo io non vedo il tempo io non vedo niente e niente può vedermi…” è il ritornello che rispecchia fedelmente una società anonima ed insensibile, ormai alienata dalla natura, cioè da se stessa. Bravo Bugo. Bel colpo. Un Altro Conato e poi stiamo insieme. E’questo il bello dei suoi concerti. Si passa dalle cose serie alle stupidaggini in un nanosecondo. Poco spazio per i pezzi di Dal Lo Fai al Ci Sei, solo una Casalingo senza mordente, forse si poteva fare di più…
Fine concerto. Usciamo fuori e ci passa a fianco, Fra gli scatta una foto e lui fa finta di lanciargli una sedia, poi ci avviciniamo per parlare. Magari con il nuovo disco è diventato più disponibile alle stupide conversazioni di questi frangenti: ma lui risponde “Guarda fratello sono stanco morto e non ho voglia di parlare…magari…magari un’altra volta eh?”…ci guardiamo stupiti e ci mettiamo a ridere…Grande Bugo, avanti così!

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