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mag 02

Ladytron @ Circolo degli artisti

Ladytron

Il flusso continua ad aumentare. La marea sta inondando tutto: le piccole vibrazioni elettriche dei Junior Boys si sono ingrossate, aumentano di forma e di volume, come onde schiaffate dal vento e prima di raggiungere l’apice di giovedì prossimo, segnano una forte evoluzione con la prima apparizione in Italia dei Ladytron.
Il sabato del villaggio musicale si concentra al Circolo ancora una volta. Dopo aver risolto qualche piccolo contrattempo organizzativo, passo a prendere la tipa e mi dirigo verso il locale. Avere la macchina è una bella novità, ma il traffico non te lo perdona ed il parcheggio nemmeno: non trovando posti nelle vicinanze del locale, sono costretto a fare inversione nei pressi di un cancello. E’buio pesto, ma vedo un gruppo che mi sbuca davanti e dietro: due ragazzi e tre ragazze: ci penso un attimo e dico “No…non è possibile…” anche se il viso del ragazzo mi sembra di averlo già visto in foto. Quando saliranno sul palco si riveleranno i Ladytron, ed io potrò dire di averli quasi messi sotto (in retromarcia)…Ma non l’ho fatto, e risolto il problema parcheggio affronto prima una bella novità: i Reverse Engineering.
Elisa Zoot (voce, piano, programming) e Ariel Lerner (chitarre, programming, synths) producono un trip hop veramente disarmante. Il loro progetto nasce nel 2002, anche se in seguito al subentrare di vari elementi si forma una band di nome Orangecut. Ritornati alla forma base di due elementi, i Reverse Engineering colpiscono per la ricchezza di suoni e la bellissima voce di Elisa, seduta incappucciata sulla strumentazione.
Si esce a prendere una birra, fare qualche chiacchiera ed incontrare amici con tappi nelle orecchie. Ci penso su e dico “Questa non l’avevo mai vista…manco fosse un concerto metal…”. Ma l’ora successiva si rivelerà molto più rumorosa di quanto pensassi. L’ingresso dei Ladytron è salutato da un’ovazione, è la prima volta in Italia per il gruppo di Liverpool. Helen Marnie, Daniel Hunt, Reuben Wu, e la rumena Mira Aroyo prendono il nome da un pezzo del disco di debutto dei Roxy Music (l’omonimo del 1972): appena chiamati dai Nine Inche Nails ad aprire il loro prossimo tour nella “vecchia” Europa, su invito personale di Trent Reznor, prendono facilmente possesso del palco, agevolati dalla crescente fibrillazione popolare. Noi riusciamo a trovare una posizione strategica ed a guardare le loro evoluzioni. La presentazione del loro nuovo album Witching Hour, prodotto da Jim Abbiss (DJ Shadow, Placebo, Kasabian), per la Island Records, è tremendamente affascinante: tutti vestiti in nero, con Mira che veste una uniforme particolare e canta spesso nella sua lingua originale: sentire la favolosa Abercrombie in rumeno dà un senso di militare al concerto con synth che piovono da tutte le parti, come un Krautrock sotto anfetamine. Il suono è potente anche perché i Ladytron evitano l’uso dei sampler nei loro show, e suonano tutto con i synth: la spettrale High Rise è un pezzo che ti manda k.o. immediatamente con un andare incessante. Qui è Helen a cantare, coadiuvata da Mira: le chitarre tagliano a fette l’aria, il frastuono finale, prolungato oltre l’immaginabile è potentissimo, e posso dire di essere finalmente ad una serata electroclash (anche se loro preferiscono definirsi un gruppo di “elettronica da combattimento”)…non mi meraviglio che piacciano a Cristina, anche negli episodi più oscuri ed ombrosi come nella affascinante He took her to a movie, primo singolo del gruppo, facente parte dell’album 604, prodotto, come il successivo Light & Magic, per la Emperor Norton Records. Più continuano a suonare e più mi appassiono a seguirli, non c’è niente che tenga: Sugar, Fighting in Built Up Areas (facente parte della colonna sonora del gioco Need for Speed: Carbon) e Weekend mi trapassano con ferocia, lasciandomi morire sanguinante su un dancefloor pieno di incubi: il mio aldilà diventa un mondo robotizzato e meccanico, grigio e post nucleare dove i The Human League sono il verbo che trascende la carne per farsi circuito. Evil, tratto dal secondo album, ci riporta verso atmosfere più pop così come la micidiale Seventeen.
Il bis prevede il cult della serata, mandato a ripetizione sulle reti musicali del globo: Destroy Everything You Touch è una bella hit, mi azzardo in un pronostico a dire che magari remixata diventerà un riempipista nelle serate commerciali italiche e non (magari lo hanno già fatto e non ne sono a conoscenza), ma gli episodi che mi hanno catturato di più sono stati senza dubbio quelli oscuri e diabolici, magari condotti dalla demoniaca Mira che mi ha completamente stregato.
Una fantastica serata si conclude: il cd al banchetto costa 15, non ho abbastanza soldi in tasca, lo prenderò quando sarò più in “verde” (ma gli euro sono verdi? o sto pensando a qualcos’altro?…) da qualche altra parte od in un’altra dimensione. Il tempo minaccia pioggia, qualche forma infinitesimale di goccia inizia a scendere. Andiamo via, ma al cancello noto che è rimasto un solo poster a pubblicizzare l’evento di giovedì. Lo levo dolcemente dal freddo metallo, e lo riavvolgo nelle mie mani amorevoli che lo custodiranno su qualche parete di casa mia. Mancano solo 5 giorni all’evento. Il tempo è arrivato.
!!!

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